Capitolo XXV

 

Dall'Unità alla riforma elettorale del 1882

 

Le prime elezioni (VIII legislatura)[1]

Coloro che esercitavano il diritto di voto, secondo la legge sarda del 17 marzo 1848, erano un'infima minoranza della popolazione (gli elettori dovevano avere un'età non inferiore a 25 anni, saper leggere e scrivere, pagare un censo di quaranta lire di imposta annua)[2]; non tutti gli elettori andavano poi effettivamente a votare[3].

Il sistema elettorale era maggioritario uninominale a due turni[4] e il territorio della nostra provincia fu diviso, per le prime elezioni del Regno d'Italia, tenuto il 27 gennaio 1861 (secondo turno il 3 febbraio), in quattro collegi elettorali: Pesaro (comprendente i mandamenti di Pesaro e Fossombrone); Cagli (mandamenti di Cagli, Pergola, S. Angelo in Vado, Urbania); Fano (mandamenti di Fano, Mondavio, Mondolfo); Urbino (mandamenti di Urbino, Macerata Feltria, Pennabilli, S. Agata Feltria, S. Leo)[5].

A Pesaro venne eletto, con il 95,8% dei voti (senza alcun avversario nella competizione elettorale), il conte Terenzio Mamiani[6]; a Fano il democratico ravennate Giovacchino Rasponi, nipote di Murat[7]; a Urbino vinse l'avvocato Paolo Silvani, un patriota bolognese di orientamento ministeriale[8]; a Cagli l'abate Raffaele Lambruschini (e nell'elezione suppletiva, resasi necessaria perché il vincitore era ineleggibile essendo stato già stato nominato senatore, il democratico piemontese G.B. Michelini)[9].

 

Il problema della renitenza

Il 6 novembre 1860 il commissario straordinario Valerio introduceva nelle Marche la legge sarda del 20 marzo 1854 relativa alla coscrizione obbligatoria, che prevedeva una ferma di cinque o sette anni (quest'ultima per la cavalleria) sulla base del sorteggio effettuato nell'intero contingente chiamato alle armi[10].

Il provvedimento, già adottato durante il periodo napoleonico, suscitò, come era prevedibile, forte malcontento nelle campagne: il numero dei renitenti fu particolarmente elevato nella nostra provincia (che, di contro, superava la media nazionale anche per il numero di volontari che forniva all'esercito)[11].

In qualche caso le frequenti ribellioni coinvolgevano interi paesi, i cui abitanti si scontravano con i Carabinieri inviati ad arrestare i renitenti. Spesso costoro si davano  alla macchia: molti rimanevano nei pressi della casa paterna, o in essa, e si defilavano solo quando arrivavano carabinieri e guardie civiche nei paraggi; alcuni (specialmente nel Meridione, ma anche nella nostra zona) diventavano briganti[12].

Il fenomeno, attestatosi negli anni successivi all’Unificazioni, su percentuali elevate in diverse zone della provincia (anche superiori al 30%), si ridusse però presto: già nel 1864 la situazione si era normalizzata e il tasso di renitenza era sceso al 5,8% (si sarebbe attestato intorno al 4% negli anni successivi: giovani espatriati o irreperibili piuttosto che veri e propri renitenti)[13].

 

La banda Grossi

Anche nella nostra provincia ci fu un riflesso del brigantaggio lealista ed antipiemontese del Mezzogiorno con la vicenda della banda Grossi, attiva nella provincia dal 1861.

Formata da delinquenti comuni[14], si fece notare per diverse azioni "politiche" fin dal momento della sua formazione, come l'occupazione, per una notte, di Montefabbri, nell'Urbinate (gennaio 1861)[15], la distruzione dello stemma sabaudo ad Isola di Fano (aprile 1861)[16], il saccheggio dell'alloggio dei soldati nella stessa Isola di Fano (11 maggio 1861)[17].

La banda poi, formata da una numero variabile di elementi (una dozzina gli effettivi, spesso integrati da simpatizzanti o renitenti), si rese colpevole di numerosissime azioni di delinquenza comune: "78 crassazioni, 5 assassinii, 12 omicidi, 23 ferimenti, 2 stupri violenti, 8 estorsioni, 6 mancate crassazioni, 11 ribellioni alla forza pubblica e un'infinita sequela di rapine, violazioni di domicilio, minacce di morte a mano armata"[18].

Godendo di una serie di connivenze, si mosse quasi liberamente nella zona compresa tra Montefabbri, Isola di Fano e Monte Paganuccio, fino alla metà del settembre 1862, quando il Grossi fu ucciso da un suo gregario, tale Sante Frontini, che si era accordato (sembra) con il prefetto di Pesaro; il che non gli risparmiò la condanna a morte, eseguita  il 25 ottobre 1864 a Pesaro. Altri appartenenti alla banda furono condannati all'ergastolo o ai lavori forzati[19].

 

I rapporti con le autorità ecclesiastiche e la questione cattolica

Un’altra questione rilevante nel nuovo Stato fu quella cattolica, dato che la S. Sede, spogliata dei suoi possessi temporali, sdegnosamente rifiutava ogni riconoscimento del nuovo ordine[20].

Tensione tra rappresentanti religiosi e governativi si ebbe anche nella nostra provincia. Il vescovo di Montefeltro proibì di celebrare onoranze funebri alla morte di Cavour[21]. In date diverse furono inquisiti i vescovi di Urbino, Fano, Fossombrone e Pesaro per "delitto contro l'attuale forma di governo del Regno d'Italia"[22].

I cattolici conservatori ebbero, nella nostra provincia, un giornale, fondato nel 1874, "L'Eco dell'Isauro", che si impegnò in aspre battaglie contro i cattolici "transigenti" o liberali, che partecipavano invece all'attività politica. Questi ultimi riuscirono, alla fine del 1876, a far chiudere il giornale[23].

 

La lotta politica : i moderati

Il gruppo liberale marchigiano era formato sia da patrioti, sia da personaggi che, impiegati nel passato regime nella gestione degli affari cittadini nelle varie comunità della provincia,  continuarono a prestare la loro opera sotto il nuovo governo.

La parte progressista di questo “partito” si riunì nel 1864 nell' "Associazione Liberale", costituita a Fano l'8 maggio, con gli obiettivi di perseguire l'unificazione e l'indipendenza completa della nazione sotto la dinastia di Vittorio Emanuele; di svolgere le libertà costituzionali attraverso le elezioni politiche; di migliorare moralmente e materialmente il paese per mezzo delle elezioni politiche e amministrative e dell'educazione del popolo; di operare pubblica beneficenza[24].

Ma ben presto tale associazione fu completamente nelle mani del gruppo liberale moderato-conservatore, che negli anni successivi all'Unificazione, amministrò le principali città della Provincia (le personalità progressiste, tra cui il sindaco di Pesaro, il liberale di sinistra Domenico Guerrini, vennero ben presto emarginate)[25]; da essa uscirono i rappresentanti al Parlamento Nazionale, nei primi anni dell'Unità, politicamente schierati con la potente "consorteria toscana" nella Destra storica[26].

A Pesaro presero saldamente il potere negli anni 1862-64 i moderati e cattolici transigenti, guidati dal marchese Carlo Baldassini, dal conte Giacomo Matteo, da Giuseppe Vaccai, dall'avvocato Achille Carnevale, allontanando gli uomini della cospirazione risorgimentale: avrebbero controllato la città sino alle soglie degli anni Novanta[27].

A Fano i due gruppi, quello più retrivo e conservatore, che aveva il suo punto di forza nel centro urbano, e quello più aperto alle nuove istanze (guidato dal Marcolini), si scontrarono nelle elezioni locali e generali degli anni Sessanta, con esiti diversi: i deputati eletti nel 1865 e 1867 nel governo locale sono espressione dei liberali dissidenti che avevano come punto di riferimento il Marcolini[28].

A livello nazionale, la personalità marchigiana (pesarese) più nota fu Terenzio Mamiani[29].

 

La lotta politica: i democratici

Attivi nella nostra provincia anche esponenti democratici e repubblicani, la cui attività fu subito messa sotto controllo dalle nuove autorità, anche per una serie di ferimenti avvenuti prima dell'Unità, che ebbero uno sviluppo, nel 1863, a Pesaro, con un attentato, fallito, nei confronti del marchese Baldassini (18 luglio 1863)[30].

Una società democratica chiamata "Unione Cittadina" esisteva a Pesaro nel 1864 ed era guidata dall'ex sindaco Domenico Guerrini[31]; è inoltre ricordata la presenza di “delegazioni” a Urbino, Pergola, Fossombrone e Pesaro all'adunanza popolare repubblicana tenutasi ad Ancona il 1 febbraio 1865[32].

Uno dei più importanti esponenti di questo partito nella nostra provincia fu il pesarese Mario Paterni, morto nel 1892. Fu fondatore (1873) e direttore del settimanale "Il Popolano", più volte sequestrano, e della "Sveglia elettorale" (1889; cambiò l'anno successivo il nome in "Sveglia democratica")[33].

Nel 1864 a Pesaro era attiva la Società dell'Unione Cittadina (i cui principali esponenti erano Mario e Gaetano Paderni, Vincenzo del Monte, Apollinare Serafini, Domentico Monti e Giuseppe Berarducci)[34]; nel 1873-74 la repubblicana "Società di educazione morale ed intellettuale" (di cui era presidente sempre Mario Paterni)[35]; nel 1874 "Patria e lavoro"[36]; successivamente "Dio e popolo" (presidente il Paterni), ancora esistente nel 1879[37].

Elementi estremisti, più o meno ispirati politicamente, furono responsabili di una serie di disordini, ferimenti e uccisioni avvenute a Pesaro tra 1863 (attentato Baldassini) e 1865, culminati, il 1 agosto 1865, con l'uccisione di Alessandro Ferro, delegato centrale di pubblica sicurezza: gli assassini non vennero mai scoperti, né è ancora chiaro se tali azioni siano da attribuire a delinquenti comuni, a singoli isolati, o a una vera associazione organizzata ispirata politicamente: per alcuni anni il movimento repubblicano a Pesaro fu comunque decapitato[38].

A Fano la figura di spicco del movimento democratico era Gioacchino Rieti; a Urbino Francesco Budassi (quest'ultimo presidente della "Società Democratica di Educazione e Istruzione", sciolta il 4 agosto 1874 per ordine del viceprefetto di Urbino)[39].

Numerose anche le figure e le associazioni democratiche e repubblicane nel Montefeltro[40].

 

Le elezioni degli anni Sessanta

Nelle elezioni politiche  del 22 - 29 ottobre 1865 (IX Legislatura) vennero eletti, nei collegi della Provincia, deputati “governativi. A Pesaro prevalse nella competizione elettorale l'ingegnere Sansone d'Ancona, di famiglia ebraica, patriota, amico stimato e fidato di Ricasoli e Peruzzi ("consorteria toscana"), sostenuto dal Mamiani e dai maggiorenti locali, sconfiggendo il candidato dei liberali progressisti, dei democratici e dei repubblicani, l'ex sindaco Domenico Guerrini[41]. A Fano si scontrarono Vincenzo Tommasini (indipendente ed autonomo rispetto agli schieramenti parlamentari), sostenuto dal Marcolini, e Ludovico Bertozzi, riproposto dall'Associazione Liberale, la "consorteria fanese": vinse al ballottaggio il Tommasini[42]. A Urbino fu eletto il governativo Luigi Seismit-Doda, nato a Zara, in Dalmazia[43]. A Cagli fu eletto il conte Francesco Fiorenzi (già eletto a Osimo nella precedente legislatura)[44].

Nel 1867 (elezioni del 10-17 marzo – X legislatura) vennero riconfermati i deputati di Pesaro (Sansone d'Ancona)[45] e Fano (Tommasini)[46].

A Urbino venne eletto il moderato Luigi Alippi, urbinate (il primo dopo due forestieri eletti nelle precedenti legislature)[47]; a Cagli il conte Giacomo Mattei, già deputato di Senigallia nell'VIII legislatura e destinato a ricoprire la carica per il collegio di Cagli anche nella XI e XII legislatura[48].

Nelle elezioni del 1870 (20-27 novembre – XI legislatura) infine furono riconfermati i deputati di Pesaro (D’Ancona, a cui i democratici pesaresi contrapposero nientedimeno che Giuseppe Mazzini)[49],  Urbino (Luigi Alippi) [50] e Cagli (G. Mattei) [51]. A Fano venne eletto Bernardino Serafini, sostenuto dal Marcolini, un indipendente di centro-destra[52].

 

La lotta politica: gli internazionalisti

L'attivismo dei democratici, in particolare del Paterni, a Pesaro fu una delle cause del ritardo della comparsa delle forze anarchico-socialiste nel capoluogo provinciale[53]. Assenti anche nell'Urbinate, in cui erano forti le forze democratiche (che facevano capo al giornale "Il Democratico")[54], negli altri luoghi della provincia esse si organizzarono dai primi anni '70.

Una sezione ("fascio") internazionalista (che si ispirava cioè all'Internazionale, in cui erano presenti, oltre ai mazziniani - che presto presero le distanze - socialisti e anarchici, ma di fatto soprattutto questi ultimi) sorse nel 1872 a Senigallia per iniziativa di Raffaele Castelli; di lì a poco furono fondati i fasci di Fano (febbraio 1872), ad opera di Pompeo Masini e Aristide Rughini)[55].  Il 12 luglio 1873 risulta costituita  anche la sezione di Pergola[56]. Alla fine dell'anno si accenna, in una notizia del periodico socialista "Il Comunardo (uscito a Fano per solo quattro settimane, dall'11 dicembre al 1 gennaio 1874: fu il primo giornale socialista marchigiano), ad una sezione che stava sorgendo, "prosperante e numerosa" a Fossombrone[57]. Costituite anche, tra 1873 e 1874, le due sezioni, nel Montefeltro, di S. Leo e Pennabilli[58].

Le varie sezioni internazionaliste vennero ben presto chiuse dal prefetto: il 2 agosto a Villa Ruffi, presso Rimini, furono arrestati alcuni anarchici che progettavano un'insurrezione nella Romagna, nelle Marche e in altre parti d'Italia; tentativi insurrezionali inoltre avvennero, il 7 di quel mese, a Imola e a Bologna[59].

L'insuccesso dei moti spinse le autorità a dare un giro di vite ai gruppi socialisti rivoluzionali anche marchigiani, con arresti e scioglimenti di circoli: nel processo tenuto a Bologna dal marzo al giugno 1876 gran parte degli imputati fu comunque assolta[60].

Anche il Paterni, convenuto a Villa Ruffi, fu arrestato con gli altri partecipanti: malgrado la piena dissociazione dei repubblicani, le loro associazioni furono ugualmente sciolte[61].

 

Le elezioni degli anni Settanta

Nelle politiche dell'8 - 15 novembre 1874 (XII legislatura) vennero confermati i tre deputati di Pesaro (D’Ancona) [62], Fano (Serafini) [63] e Cagli (Mattei) [64]. A Urbino fu eletto il conte Guido di Carpegna, liberale indipendente, che sconfisse il moderato Alippi (al ballottaggio per soli dieci voti) e il democratico Pianciani[65].

La "rivoluzione parlamentare" del 18 marzo 1876 ebbe conseguenze anche nelle Marche, dove, nelle elezioni tenute in quell'anno (5-12 novembre – XIII legislatura) i voti della sinistra "costituzionale" (che noi chiamiamo anche "storica") si avvicinarono a quelli dei candidati conservatori: in tutta la regione la prima ebbe 3861 voti contro i 4746 dei secondi[66].

Se nel resto del Paese la Sinistra costituzionale ebbe notevoli successi, nella nostra provincia la situazione fu meno brillante: la Destra conservò i collegi di Fano[67], Urbino[68] e Cagli[69]; alla Sinistra andò il collegio di Pesaro, con Carlo Randaccio, genovese, direttore della marina mercantile presso il Ministero della Marina (un forestiero, prova che la Sinistra costituzionale non aveva solide radici nella provincia), che sconfisse il D'Ancona[70]. Essendo stato eletto in due diversi collegi, il Randaccio fu sorteggiato nell'altro e i comizi elettorali furono riconvocati per il 21 gennaio del 1877: in questo caso il conservatore Giuseppe Finzi riuscì a riconquistare il collegio, sconfiggendo il repubblicano Mario Paterni[71].

I liberati di centro-destra si organizzarono quindi nel 1879 in "Società costituzionale", guidata dai gruppi moderati fanesi, con funzione di guida politica dell'intera provincia[72]; i progressisti invece non riuscirono, dopo la batosta elettorale, a creare una struttura di coordinamento a livello sovramunicipale e si riconoscevano in singole personalità che, in ambito locale, non godevano però di troppo peso politico[73].

Nel 1880 (elezioni del 16-23 maggio 1880 – XIV legislatura) furono riconfermati nei quattro collegi della provincia i deputati della passata legislatura: Giuseppe Finzi a Pesaro[74], Serafini a Fano[75], il conte Guido di Carpegna ad Urbino[76] e Corvetto a Cagli[77].



[1]La numerazione delle Legislature segue quella del Regno di Sardegna (in cui lo Statuto Albertino era stato emanato nel 1848).

[2]Erano esclusi dai limiti di censo laureati, insegnanti, magistrati, notai, ragionieri, geometri, farmacisti, funzionari, impiegati civili e militari.

[3]1,1% nel 1861; 1,38 nel 1865; 1,41 nel 1867; 1,51 nel 1870; 1,71 nel 1876; 1,44 nel 1880. Ad esempio il collegio elettorale di Pesaro nel 1861 aveva 52.115 abitanti, ma solo 587 elettori. Di questi solo una parte andarono a votare, anche per l'opposizione del "partito clericale" al nuovo governo: i votanti effettivi furono pertanto solo 287 (Sal 61). Nello stesso collegio, quindici anni dopo, nel 1876, si contavano 54.625 abitanti, 728 elettori, 501 votanti (E. ROMAGNA, Vita politica a Pesaro dall'Unità alla prima guerra mondiale, in AAVV, "Da San Pietro in Calibano a Pesaro. Una storia lunga un secolo", Villa Verucchio 1992, pp. 87-105, a pag. 88). I dati sulla percentuale dei votanti sono riportate, per tutte le elezioni dal 1861 al 1880, in G. SCELSI, Statistica della provincia di Pesaro e Urbino, Pesaro 1881, pag. DCXV (movimento elettorale politico dal 1861 al 1880).

[4]Veniva effettuato il ballttaggio (tra i due candidati più votati) se al primo turno nessun candidato aveva ottenuto più di un terzo dei voti (rispetto al numero dei votanti iscritti) e più della metà dei voti effettivamente espressi.

[5]Decreto n. 733 del 4 gennaio 1861. I mandamenti, circondari per l'elezione dei consigli provinciali, sono stabiliti dal decreti n. 821 del 15.1.1861 ed erano i seguenti (tra parentesi il numero dei comuni che li compongono): circondario di Pesaro: Fano (4), Mondavio (12), Mondolfo (2), Pergola (9), Pesaro (14); circondario di Urbino: Cagli (4), Fossombrone ( 7), Macerata Feltria (8), Pennabilli (4), S. Agata Feltria (3), Sant'Angelo in Vado (3), S. Leo (5), Urbania (4), Urbino (9).

[6]M. SEVERINI, Protagonisti e controfigure. I deputati delle Marche in età liberale (1861-1919), Ancona 2002, p. 196: iscritti 663; votanti 265 (Mamiani 254; voti dispersi 9); avendo vinto in due collegi, fu scelto quello di Cuorgné e, nelle elezioni suppletive (7-14 aprile), venne eletto il democratico patriota campano colonnello Enrico Cosenz (iscritti 675, votanti 169) che sconfisse l'avvocato Giuseppe De Angelis. Vds. anche Severini, Protagonisti e controfigure, p. 30. ANONIMO, Cronistoria pesarese del 1861, in "Pesaro città e contà", 10 (1999), pp. 99-109, alle pagg. 99, 101 e 102.

[7]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 201: 128 voti al primo turno e 118 al secondo per Rasponi, 3 e 20 per l'avversario Ludovico Bertozzi. Rasponi, avendo vinto in due collegi, venne sorteggiato per quello di Ravenna; nelle suppletive il democratico Gabrielangelo Gabrielli riuscì a prevalere sul Bertozzi (129/112 per il primo; 5/2 per il secondo) che però, nominato consgiliere di prefettura, dovette abbandorae il mandato di deputato il 17 agosto 1862; fu quindi eletto il conte Camillo Marcolini, illustre storico d'orientamento moderato,  unico candidato nelle suppletive del 26 ottobre 1876 (ottenne 173 voti su 173 votanti), che però si dimise per motivi personali il 30 maggio 1864; finalmente fu eletto, nelle suppletive del 10/17 luglio 1864 L. Bertozzi, che prevalse su B. Serafini. Vds. anche P. GIANNOTTI, La classe dirigente e la gestione del potere locale, in P. Giannotti (a cura di), "Fano dopo l'Unità", Fano 1997, p. 5-54, alle pagg. 8-10.

[8]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 203: Silvani ebbe 195 voti al primo turno e 301 al secondo; Valerio rispettivamente 135 e 207 (729 gli iscritti, 341 al primo turno e 508 al secondo i votanti). Una svista in L. VALENTI, Società e politica nei decenni post-unitari, in G. Allegretti e F.V. Lombardi (a cura di), "Il Montefeltro 2 - Ambiente, storia, arte nell'alta Valmarecchia", Villa Verucchio 1999, pp. 217-233, a pag. 221, che dà come vincitore Cesare Valerio, fratello del commissario generale Lorenzo.

[9]Severini, Protagonisti e controfigure, pp. 31 e 199. Gli iscritti erano 513, i votanti 163 al primo turno, 157 al secondo: Lambruschini ebbe 158 - primo turno - e 153 voti - secondo turno; lo sfidante G.B. Giampieri 1 e 4 voti. Nelle elezioni del 7-14 aprile 1861, con 163/147 votanti, Michelini ebbe 158/145 voti; Briganti Bellini 5/2.

[10]R. P. UGUCCIONI, Contro l'esercito di Vittorio Emanuele. Resistenze al nuovo regime e renitenza alla leva dopo l'unità, in P. Sorcinelli P. (a cura di), "Marginalità, spontaneismo, organizzazione 1860-1968. Uomini e lotte nel Pesarese", Pesaro 1982, pp. 11-23, a pag 14. I giovani non sorteggiati formavano una specie di riserva, addestrata in circa quaranta giorni. Era consentita la surrogazione tramite altra persona o tramite versamento di 3.200 lire (cifra molto elevata, disponibile solo per giovani di estrazione alto borghese).

[11]Uguccioni, Contro l'esercito, p. 14.

[12]Uguccioni, Contro l'esercito, p. 16.

[13]Uguccioni, Contro l'esercito, pp. 18-21. La prima classe chiamata alle armi (1839-40) nella nostra Provincia contrò 1473 renitenti; quella del  1858 solo 7 (Scelsi, Statistica, p. 186). Il renitente, catturato dalle forze di polizia (e prima o poi lo era, per delazione, per appostamento, per caso) faceva un anno di carcere oltre al servizio di leva.

[14]Terenzio Grossi, nato nel 1832, era stato condannato nel 1853 per furto e grassazioni; era evaso da S. Leo e si era arruolato con i patrioti nel 1860. Si era quindi dato alla macchia dopo tale data (M. MONSAGRATI, R. UGUCCIONI, Vera storia della banda Grossi, Pesaro 1983, pp. 32-33).

[15]Monsagrati-Uguccioni, Vera storia, p. 40. Fu abbattuto lo stemma sabaudo.

[16]Monsagrati-Uguccioni, Vera storia, pp. 48-49. Fu abbattuto lo stemma sabaudo.

[17]Monsagrati-Uguccioni, Vera storia, pp. 61-62.

[18]Monsagrati-Uguccioni, Vera storia, passim. Si ricordano diversi regolamenti di conti interni alla banda. Inoltre un carabiniere fu ucciso in uno scontro a fuoco il 6 settembre 1861 (ivi, p. 107); altri due furono giustiziati, al passo del Furlo, il 17 ottobre 1861 (ivi, p. 128); uno fu ucciso a Cartoceto di Pergola (ivi, p. 181).

[19]Monsagrati-Uguccioni, Vera storia, pp. 186-188, 194-195, 211.

[20]Secondo gli ordini ricevuti da Pio IX, i cattolici italiani si disinteressarono della politica del loro paese, per protesta contro il trattamento che lo Stato italiano aveva imposto al sommo pontefice (Non expedit). Tale protesta però riguardava il campo politico, non quello amministrativo, dove rappresentanti cattolici potevano ottenere posizioni rilevanti.

[21]Uguccioni, Contro l'esercito, p. 16.

[22]Uguccioni, Contro l'esercito, p. 16.

[23]P. GIANNOTTI, Moderati, Cattolici e Radicali  nelle Marche dopo l'Unità, in AAVV, "Le Marche tra Ottocento e Novecento", Urbania 1995, pp. 25-48, alle pagg. 31-33.

[24]Giannotti, La classe dirigente, pp. 10-11. Non aderirono all'associazione un gruppo consistente di maggiorenti fanesi, tra cui i conti Camillo Marcolini e Annibale di Montevecchio.

[25]Giannotti, Moderati, cattolici e radicali, p. 25

[26]Giannotti, Moderati, cattolici e radicali, p. 27.

[27]Giannotti, Moderati, cattolici e radicali, pp. 25 ("A partire dall'agosto 1863 si ricompone una rappresentanza comunale pressoché identica a quella del gonfalonierato del 1958") e 29; Romagna, Vita politica, p. 87 ("A Pesaro su trenta consiglieri ben dodici risultano prsenti sia nel 1858 che nel 1861").

[28]Giannotti, La classe dirigente, p. 14.

[29]Ministro della Pubblica Istruzione del Regno di Sardegna dal 1859 al 22 marzo 1861. Fu nominato senatore e vita il 13 marzo 1861; morì nel 1885 (Sal 178-179; Sam 22).

[30]R.P. UGUCCIONI, Pugnali e bombe all'Orsini - Pesaro 1855-1865, in "Atti e Memorie di Storia patria per le Marche", 88 (1983), pp. 351-393, alle pagg. 373-376.

[31]D. SIMONCELLI, Mazziniani e socialisti 1864-1876, in AAVV, "Pesaro-Urbino dall'Unità alla Resistenza", Urbino 1975, pp. 15-44, a pag. 17.

[32]Simoncelli, Mazziniani e socialisti, p. 33.

[33]Simoncelli, Mazziniani e socialisti, pp. 25-27

[34]Simoncelli, Mazziniani e socialisti, p. 22

[35]Romagna, Vita politica, p. 88, Simoncelli, Mazziniani e socialisti, p. 23 (fu sciolta dalle autorità nel 1874)

[36]Anch'essa sciolta nel 1874 (Simoncelli, Mazziniani e socialisti, pp. 23-24)

[37]Simoncelli, Mazziniani e socialisti, p. 24

[38]Simoncelli, Mazziniani e socialisti, pp. 19-20; Romagna, Vita politica, pp. 87-88; Giannotti, Moderati, cattolici e radicali, p. 29; Uguccioni, Pugnali e bombe, pp. 386-392. Fu arrestato e tenuto per tre anni in prigione, insieme ad alcuni altri repubblicani, anche il noto democratico pesarese Mario Paterni: furono poi tutti assolti per non aver commesso il fatto.

[39]Simoncelli, Mazziniani e socialisti, p. 24.

[40]Valenti, Società e politica, p. 227 ss.

[41]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 196 (iscritti: 856; votanti al primo turno 507; al secondo turno 478. Al secondo turno D'Ancona ottenne 260 voti, Guerrini 192); Giannotti, Moderati, cattolici e radicali, pp. 27-28; Romagna, Vita politica, p. 89.

[42]Giannotti, La classe dirigente, p. 15; Severini, Protagonisti e controfigure, p. 201: Tommasini ebbe 112 voti al primo turno, 155 al secondo, Bertozzi 90 e 124 (540 iscritti, 219 e 284 i votanti).

[43]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 203: Seismit-Doda ebbe 146 voti al primo e 199 al secondo turno; G. Gardini 40 e 92 (774 gli iscritti, 276 al primo e 291 al secondo turno i votanti). Valenti, Società e politica, p. 221.

[44]Severini, Protagonisti e controfigure, pp. 31 e 199: 636 iscritti, 394 votanti (F. Fiorenzi 234 voti; G. Mochi 152 voti).

[45]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 196 (iscritti 822, votanti 413. D'Ancona ebbe 339 voti; Guerrini 32); Giannotti, La classe dirigente, p. 15; Giannotti, Moderati, cattolici e radicali, p. 27.

[46]Giannotti, La classe dirigente, p. 20; Severini, Protagonisti e controfigure, p. 201: Tommasini ebbe 169 voti al primo turno, 199 al secondo; il suo avversario A. Mordini 16 e 10 (548 gli iscritti, 202 e 211 i votanti).

[47]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 203: Alippi ebbe 161 voti al primo turno, 187 al secondo; Seismit-Doda 92 e 168; Leoni (presente solo al primo  turno) 73 (851 gli iscritti, 336 al primo e 358 al secondo turno i votanti). Valenti, Società e politica, p. 221.

[48]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 199: 668 iscritti, 309/379 votanti (1 e 2 turno): Mattei ebbe 185/266 voti; Sciava 116/110).

[49]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 196 (856 iscritti, 252 votanti al primo turno, 246 al secondo. D'Ancona ebbe 201 voti al primo e 180 al secondo turno; Mazzini rispettivamente 21 e 57); Giannotti, La classe dirigente, p. 15; Giannotti, Moderati, cattolici e radicali, p. 27; Romagna, Vita politica, p. 88.

[50]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 203: Alippi ebbe 230 voti al primo turno, 233 al secondo; P. Villari 94 e 163 (1018 gli iscritti, 341 al primo e 405 al secondo turno i votanti). Valenti, Società e politica, p. 221.

[51]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 199: 782 iscritti, 205/240 votanti (1 e 2 turno); Mattei ebbe 190/163 voti, F. Marcelli 8/72.

[52]Giannotti, La classe dirigente, pp. 21-22; Severini, Protagonisti e controfigure, p. 201: Serafini ebbe 81 voti al primo turno e 194 nel secondo; il suo aversario G. Rasponi 80 e 7 (617 gli iscritti, 181 e 204 i votanti).

[53]Natualmente anche cause socio-economiche (in primo luogo i rapporti economici ancora arretrati) sono alla base di tale ritardo.

[54]Simoncelli, Mazziniani e socialisti, p. 38.

[55]E. SANTARELLI, Le Marche dall'Unità al fascismo, Roma 1964, p. 47. I due fasci di Fano e Senigallia, insieme a quello di Fermo, erano presenti al concresso costitutivo della Federazione Italiana, tenuta a Rimini dal 4 al 6 agosto 1872 (Simoncelli, Mazziniani e socialisti, p. 36). La sezione di Fano divenne ben presto una delle più attive della regione, grazie anche all'impegno che vi profuse, dal 1873, il giovane (nato nel 1851) Espartero Bellabarba (Simoncelli, Mazziniani e socialisti, p. 36).

[56]La notizia è riportata in una lettera di Andrea Costa (Santarelli, Le Marche, p. 52); il delegato della sezione di Pergola partecipò  al congresso delle Marche e dell'Umbria tenuto presso Ancona nell'agosto del 1873, in cui fu steso un programma dichiaratamente anarchico (Santarelli, Le Marche, pp. 52-53). A Pergola si distinse Domenico Ferruccio (1854-1879), coinvolto nel processo di Bologna per i moti del 1874 (Santarelli, Le Marche, p. 290).

[57]Simoncelli, Mazziniani e socialististi, p. 36. Il Comunardo, nato per l'interesamento di Espertero Bellabarba, venne sequestrato in ogni suo numero dalle autorità (Seb 81).

[58]Santarelli, Le Marche, p. 60.

[59]Santarelli, Le Marche, p. 61.

[60]Santarelli, Le Marche, p. 62.

[61]Romagna, Vita politica, p. 90.

[62]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 196 (915 iscritti, 401 votanti al primo turno, 424 al secondo. D'Ancona ebbe 255 e 282 voti; Paterni 117 e 131); Giannotti, La classe dirigente, p. 15. Nel 1887 il D'Ancona sarà nominato senatore.

[63]Giannotti, La classe dirigente, pp. 21-22; Severini, Protagonisti e controfigure, p. 201 (Serafini ottenne 205 voti su 222 votanti (572 gli iscritti).

[64]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 199: 785 iscritti, 260/232 votanti (1 e 2 turno): G. Mattei ebbe 251/229 voti, M. Mattei 5/1 voti. Essendo stato nominato senatore il 28 febbraio 1876, nelle nuove consultazioni, tenute il 2/9 aprile 1876, si affermò G. Corvetto (Severini, Protagonisti e controfigure, p. 199: 701 iscritti, 435/574 votanti al primo e secondo turno: nel primo turno Corvetto ebbe 200 voti, G. Mochi 175, A. Fortis 57; nel secondo turno Corvetto 325 voti e Mochia 248.).

[65]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 203: Guido di Carpegna ebbe 159 voti al primo turno, 213 al secondo; Alippi 148 e 203; Pianciani (solo primo turno) 138 (1038 gli iscritti, 451 al primo e 419 al secondo turno i votanti). Le votazioni dovettero essere rifatte il 27 dicembre ma confermarono la vittoria di Guido di Carpegna. Valenti, Società e politica, pp. 221-222; Giannotti, Moderati, cattolici e radicali, p. 35.

[66]Santarelli, Le Marche, p. 66.

[67]Qui si erano scontrati il "progressista" cav. Marco Gabrielli (che ottenne 99 voti in tutto il collegio) e il "costituzionale" Bernardino Serafini, ancora rieletto (con 231 voti): 337 i votanti, 622 gli iscritti (Severini, Protagonisti e controfigure, p. 201). Vds. anche Giannotti, La classe dirigente, pp. 39-40.

[68]Severini, Protagonisti e comprimare, p. 203: fu riconfermato il conte Guido di Carpegna con 230 (primo turno) / 279 (secondo turno) voti, che sconfisse al ballottaggio il repubblicano Carlo Dotto de' Dauli (116/209) e il democratico G. Varè (solo primo turno: 90 voti); 1065 gli iscritti, 442 (primo turno) e 488 (secondo) i votanti. Il conte di Carpegna era liberale indipendente ma, l'uscita della scena politica del moderato Alippi lo spinse a rappresentare sempre più l'elettorato moderato. Valenti, Società e politica, p. 222; Giannotti, Moderati, cattolici e radicali, p. 35.

[69]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 199; Giannotti, Moderati, cattolici e radicali, p. 35. Fu riconfermato Giovanni Corvetto, che sconfisse, con 461 voti contro 339, Gioacchino Rasponi (già incontrato, nelle elezioni del 1861, nel collegio di Fano).

[70]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 196 (960 iscritti, 511 votanti al primo turno, 581 al secondo. Randaccio ottenne 278 e 323 voti; D'Ancona 213 e 250 voti); Santarelli, Le Marche, p. 66; Romagna, Vita politica, p. 88; Giannotti, Moderati, cattolici e radicali, p. 33.

[71]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 196 (Finzi ottenne 195 voti, Paterni 183, Mantese 146); Romagna, Vita politica, p. 88; Giannotti, Moderati, cattolici e radicali, p. 47 ("forte personalità politica, legata agli ambienti agrari più retrivi e alla Destra più intransigente").

[72]Ma il gruppo dirigente pesarese, retrivo e trasformista, non ne fece parte; esistevano inoltre divisioni interne al movimento liberale, ad esempio relative alla collaborazione con forze progressiste o con i cattolici alle elezioni amministrative, che ne compromettono la possibilità di affermarsi.

[73]Giannotti, Moderati, cattolici e radicali, pp. 37-38; Giannotti, La classe dirigente, p. 48.

[74]Severini, Protagonisti e controfigure, pp. 196-197 (1121 iscritti, 480 votanti al primo turno, 458 al secondo. Finzi ottenne 348 e 380 voti; Barilari 115 e 69).

[75]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 201: Serafini ebbe 272 voti, Baccarini 149 (725 iscritti, 436 votanti).

[76]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 203: Guido di Carpegna ottenne 290 voti al primo turno, 353 al secondo; il suo avversario L. Alippi 80 e 109 (1050 gli iscritti, 413 e 470 i votanti). Valenti, Società e politica, p. 222.

[77]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 199: Corvetto ottenne 420 voti, Guerrini 10 (1022 gli iscritti, 439 i votanti).