Capitolo XXVI

 

Dal 1882 alla prima guerra mondiale

 

I socialisti

Anche dopo il 1882 rimasero gruppi anarchici nella nostra provincia. Nel 1884 sono attestati a Pesaro, Urbino, Fano, Fossombrone, Pergola, S. Lorenzo, S. Angelo in Vado, Tomba di Pesaro[1]. Tuttavia essi non collaboravano con i democratici, forti specialmente nel capoluogo, né avevano troppe potenzialità di sviluppo in futuro. Ebbe invece successo, dopo il 1880, anno in cui è attestata a Pesaro la costituzione della prima sezione, il movimento socialista[2], la cui figura più importante è costituita dal noto politico romagnolo Andrea Costa, punto di riferimento per quasi vent'anni dei socialisti pesaresi e per ben quattro volte candidato alla Camera per il seggio del capoluogo provinciale[3].

Si può parlare di “partito” solo diversi anni dopo: nella nostra provincia ciò avvenne solo il 16  agosto 1896, quando a Pesaro si trovarono circa quaranta delegati dei vari gruppi della provincia, compresa l’appena costituita sezione urbinate[4].

 

La nuova legge elettorale del 1882 – Le elezioni dal 1882 al 1890

Con la nuova legge elettorale del 22 gennaio 1882 il numero degli elettori passò da 3919 a 12.837 (la popolazione complessiva della provincia era di 60.759 abitanti)[5].

I quattro collegi furono fusi in un unico collegio provinciale per l'elezione di quattro deputati (il collegio plurinominale doveva colpire, nelle intenzioni dei proponenti, il clientelismo politico e assicurare, almeno nei collegi più grandi, una quota di rappresentanza alla minoranza) e fu ammesso lo scrutinio di lista[6].

Il numero dei votanti, nelle elezioni tenute in quell’anno, fu del 57,34 % e vennero eletti i candidati del Partito Monarchico Costituzionale, cioè dello schieramento moderato-progressista ministeriale, G. Corvetto, B. Serafini, G. Finzi, E. Penserini: i primi tre erano vecchi esponenti della Destra, il quarto apparteneva alla Sinistra moderata (classico esempio di trasformismo politico)[7].

A questo gruppo si contrapponevano due liste: una espressione del Comitato progressista democratico, l’altra di sinistra radicale (radicali, repubblicani, socialisti). Quest’ultima, pur non avendo eletto nessun rappresentanti, ottenne risultati apprezzabili e la maggioranza dei voti nelle città di Fossombrone e Pesaro[8].

Nelle suppletive del 1883, indette per surrogare il generale Serafini, venne eletto invece il democratico romano Carlo Dotto de Dauli, già presente nella lista delle Sinistre dell'anno precedente, che batté, dopo uno scontro elettorale durissimo, il candidato liberale Ruggero Mariotti; annullata tale elezione, in quella tenuta nel gennaio 1884 fu riconfermato Dotto, che sconfisse questa volta B. Serafini[9].

Vittoria dello schieramento moderato anche nelle elezioni del 1886 (XVI legislatura): furono eletti G. Corvetto, F. Penserini, il pesarese G. Vaccaj e il fanese R. Mariotti[10]. Quest’ultimo sarebbe stato deputato quasi ininterrottamente (due parentesi negli anni 1895-1897 e 1909-1913) fino al 1917[11].

Il sistema di potere dei moderati entrò in crisi, nella nostra provincia come in gran parte d'Italia, in conseguenza delle legge elettorale riguardante Comuni e Province, che estendeva l'elettorato attivo e passivo e prevedeva il rinnovo dei consigli comunali e provinciali a scadenza annuale, per un quinto dei componenti[12]. L'allargamento del suffragio favorì le forze di sinistra, radicali, repubblicani e socialisti, riuniti  elettoralmente in blocchi democratico-borghesi: già alla fine del 1889 la "Democrazia pesarese" aveva conquistato il Comune ed espresso un nuovo sindaco, Ettore Mancini[13].

Tuttavia il fronte moderato riuscì ancora a conservare un deciso vantaggio nelle elezioni politiche del 1890 (XVII legislatura): la lista dell'Unione Monarchica Liberale, composta da Corvetto, Mariotti, Penserini, Vaccai, riuscì a prevalere su quella progressista formata da Nathan, Narratore, Zuccari ed Andrea Costa[14].

 

Le elezioni del novembre 1892 (XVIII legislatura) e l’attentato all’onorevole Vaccai

Con la legge n. 210 del 5 maggio 1891 fu abolito lo scrutinio di lista e ripristinato il vecchio metodo del collegio uninominale con ballottaggio. Vennero eletti nella nostra provincia tre deputati moderati (Vaccai a Pesaro, che prevalse sul progressista Nathan[15], Mariotti a Fano[16] e Martorelli ad Urbino[17]) e il repubblicano Angelo Celli, che a Cagli riuscì a prevalere sul generale Corvetto, che aveva mantenuto il collegio dal 1876 (XII legislatura)[18].

Un atto di terrorismo vero e proprio, anomalo in una città nella quale l'attività politica era  rimasta per tanti anni in mano ai maggiorenti locali, si ebbe a Pesaro nel dicembre 1892 quando, nel decennale della morte di Guglielmo Oberdan, fu collocata davanti all'abitazione dell'on. Vaccai, favorevole all'azione del Governo e alla Triplice Alleanza, una bomba che produsse notevoli danni e la morte di uno dei probabili attentatori, un tal Ciro Renganeschi[19]. Vengono anche segnalati due attentati contro il comando militare, di cui non si riuscì ad individuare gli organizzatori, l'8 e il 30 aprile 1894[20].

 

L’emigrazione

L’emigrazione dalle campagne italiane diventa un fenomeno rilevante negli ultimi quindici anni del secolo XIX e nei primi quindici del secolo successivo. La nostra provincia presenta caratteri particolare: il numero degli espatri è infatti praticamente nullo fino alla seconda metà degli anni Novanta; successivamente sale rapidamente raggiungendo valori tra i più elevati d’Italia in rapporto alla popolazione complessiva[21].

Nel 1896 il flusso complessivo dell’emigrazione tocca i 1000 passaporti rilasciati, in gran parte riguardanti i paesi transoceanici. L’impennata degli espatri inizia nel 1898 e raggiungerà i 5000 espatri nel 1904 e oltrepasserà gli 8000 annui tra 1906 e 1907, per poi ridiscendere intorno a 6.000  nel quadriennio successivo e risalire ad oltre 9.000  nel 1912-1913. Il calo è verticale nel 1914 (4000), 1915-1916 (1000 ogni anno) e 1917-1918 (prossimi allo zero), ma risalirà nel 1919 (2000) e 1920 (quasi 6.000). Ridiscenderà nel 1921 (circa 1000), per risalire nel 1922 (2000) e 1923 (4000)[22].

L’emigrazione verso paesi europei prenderà decisamente il sopravvento  dal 1899 su quella rivolta ai paesi transoceanici, che riguarderà comunque circa un migliaio di passaporti dal 1896 al 1904 e valori più alti, anche oltre i 3.000 espatri annuali, in alcuni anni successivi (1906 e 1913)[23].

L’aumento della popolazione e l’impossibilità di assorbire tutta la manodopera disponibile nei settori agricolo e industriale sono le cause di questo esodo dalle province. Notevoli le conseguenze in quest’ultimo settore: “in stretta relazione… con il progressivo rarefarsi della manodopera disponibile in seguito alla massiccia emigrazione oltreoceano, i proprietari, ai quali risultò ben presto difficile trovare i mezzadri per la lavorazione dei terreni, consentirono nei primissimi anni del Novecento all’alleggerimento dei patti agrari e diedero contemporaneamente inizio ai primi tentativi di meccanizzazione agricola”[24].

 

Il movimento cattolico

Dopo la conquista di Roma, i cattolici, seguendo le indicazioni di Pio IX (non expedit), si erano disinteressati della vita politica attiva. Ora però diventa interesse del mondo cattolico limitare il diffondersi del socialismo, in particolare nelle campagne. Nel 1879 si costituisce il Comitato regionale dell’Opera dei Congressi, nel 1882 si celebra il primo congresso cattolico marchigiano ad Ancona e, tra il 1881 e il 1883, nascono Comitati regionali a Fano, Fossombrone, Pergola e Urbania”[25].

Maggiori segnali di cambiamento, anche in senso sociale e politico, si osservano dal 1892, dopo la promulgazione, il 15 maggio 1891, dell’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII. Il movimento ha il suo definitivo decollo con il diffondersi di vari comitati parrocchiali e diocesani e con la nascita di alcuni giornali. Al congresso tenuto a Fano, nel 1897, don Romolo Murri esponendo le linee della nuova azione democratico-cristiana affronta direttamente la questione sociale, e sono soprattutto i giovani ad accogliere favorevolmente queste indicazioni. Si passerà così in breve tempo anche all’organizzazione  di azioni pratiche come la realizzazione di cucine economiche, società di consumo, casse rurali e società di mutuo soccorso. Quello stesso anno, sempre a Fano, è fondato il “Su”, giornale di idee cattoliche che progressivamente si avvicinerà  agli indirizzi democratico-cristiani contribuendo alla diffusione delle idee murrine”[26].

Le leghe cattoliche  ebbero un’enorme espansione nel quindicennio successivo. Nel 1914, nelle Marche, si contavano 91 leghe “bianche” con 21.554 iscritti; nello stesso periodo le 66 leghe “rosse” contavano 6.345 soci[27].

 

Le elezioni politiche dal 1895 al 1902

Nelle elezioni del 1895 (XIX legislatura) venne eletto a Pesaro il principe C. Castelbarco-Albani, candidato del partito monarchico costituzionale[28]. Fu l’unico moderato eletto, dato che a Fano il conservatore Mariotti fu sconfitto dal commerciante  Antonio Moscioni-Negri, rappresentante dell'Estrema Sinistra[29], a Urbino vinse il democratico Francesco Budassi, insegnante di diritto dell'Università di Urbino[30], e a Cagli fu riconfermato il repubblicano Angelo Celli[31].

Nel 1897 (XX legislatura) le elezioni finirono in pareggio: a Pesaro venne confermato Castelbarco-Albani, che sconfisse il socialista Andrea Costa[32]; a Fano fu eletto il moderato Ruggero Mariotti[33]; Cagli e Urbino invece riconfermarono i democratici Celli[34] e Budassi[35].

Nelle elezioni del giugno 1900 (XXI legislatura) fu mantenuta l'egemonia moderata a Pesaro (dove ottrnne 1271 voti, contro i 1060 del suo avversario, il monarchico liberale Carlo Castelbarco Albani)[36], Fano (dove venne rieletto l'avvocato Ruggero Mariotti)[37] e Urbino (in cui vinse il cattolico Zannoni, candidato nelle liste moderate: da poco la Chiesa proponeva un approccio più flessibile nei confronti della politica italiana)[38].

Solo a Cagli vinse Angelo Celli, che per altro non ebbe avversari politici da battere in quella tornata elettorale per la disorganizzazione in cui versava il locale movimento “costituzionale”[39].

 

La crisi di fine secolo.

Il 1898 si caratterizzò, in tutta Italia, per una serie di disordini, tumulti e repressioni che interessò anche la nostra provincia. Il 2 e il 3 maggio ci furono scontri a Pesaro tra manifestanti, che cercarono di assalire barche e forni, e forze di polizia: ci furono circa cento arrestati, furono sciolte diverse associazioni e vennero chiuse alcune osterie, ritenute covi di sovversivi. Il prezzo del grano fu comunque subito abbassato[40].

Anche ad Urbino, qualche giorno dopo (5 maggio) avvennero disordini e furono assaliti, dagli operai delle miniere di zolfo, alcuni forni cittadini[41].

 

Le elezioni nell’età giolittiana

Nel 1902  in tutto il territorio provinciale si tennero le elezioni comunali e il partito socialista ottenne risultati incoraggianti. Anche nelle provinciali tenute nello stesso anno furono eletti il socialista Ettore Mancini e il repubblicano Faustolo Mancini Palazzolo. Nel 1903, alle elezioni comunali di Pesaro, le forze popolari presero il potere e, nel biennio 1903-1905, fu sindaco il socialista Ettore Mancini[42].

Nel 1904 (elezioni politiche del 6-13 novembre – XXII legislatura) i partiti di sinistra ottennero successi a Cagli (dove venne rieletto Angelo Celli)[43] e a Urbino, città nella quale ottenne la vittoria, sostenuto da repubblicani, socialisti e altri democratici, il noto fisico Angelo Battelli[44]. Fu riconfermato a Fano il moderato Mariotti (che sconfisse il socialista avv. Vincenzo Gabrielli)[45].

A Pesaro in un primo momento prevalsero i monarchici, che avevano candidato il ministro uscente, Luigi Rava (del resto  i suoi avversari erano spaccati e i voti si dispersero su due candidati: il socialista Andrea Costa e il repubblicano Eugenio Chiesa)[46]. Avendo vinto anche in un altro collegio, per il quale fece opzione, le elezioni dovettero essere ripetute e, il 5 marzo 1905, al repubblicano Antonio Pellegrino (candidato unico della Sinistra), si contrapposero due candidati moderati: il liberale e massone Romualdo Palberti e il filocattolico Avv. Raimondo Ambrosini. Vinse, sfruttando le divisione del campo avversario, il Pellegrino che però morì il 20 aprile di quello stesso anno e pertanto si dovette andare a nuove elezioni. Il 14 maggio 1905 il marchese Alessandro Albicini prevalse sul repubblicano Augusto Bonopera e pertanto il seggio fu definitivamente assegnato[47].

Le elezioni del marzo 1909 (XXIII legislatura) furono favorevoli alla Sinistra (malgrado il sostegno dei cattolici ai loro avversari: allora per la prima volta fu attenuato il non expedit) in tutti i seggi della provincia. Non destò scalpore la riconferma di due suoi esponenti a Cagli (Angelo Celli)[48] e a Urbino (Angelo Battelli)[49].

Più eclatanti le affermazioni del democratico Giovanni Ciraolo a Fano e di Ettore Mancini a Pesaro.

Il primo, benché forestiero, riuscì a prevalere al secondo turno, capovolgendo i risultati del primo, per soli 85 voti, sull'avv. Ruggero Mariotti, considerato pressoché imbattibile, sostenuto anche dai cattolici, più volte negli anni precedenti eletto deputato in quella città[50]. "Le elezioni politiche del 1909 assestarono un duro colpo al sistema clientelare di Mariotti sia per il progressivo attecchimento della propaganda laica e democratica sia per lo spregiudicato intervento della Massoneria di Palazzo Giustiniani; quest'ultima, decisa ad attaccare un feudo clerico-moderato come il collegio di Fano per porvi alla guida uno dei suoi esponenti di spicco, il calabrese Giovanni Ciraolo, impiegò finanziamenti, uomini e risorse in maniera assolutamente sorprendente"[51].

Il secondo, socialista pesarese, riuscì a sconfiggere il marchese Albicini, sostenuto dai cattolici ma forestiero (era di Bologna): "in tutte le sezioni cittadine il candidato del blocco popolare batté nettamente, quasi sempre con il doppio dei voti, il deputato uscente Albicini; immediatamente si dimisero giunta e consiglio comunale"[52]. Alle successive elezioni amministrative fu eletto una giunta popolare, guidata dal sindaco Ugo Tombesi, che resse la città fino al 1914.

Il suffragio elettorale universale maschile, introdotto nel 1912, permise il passaggio  degli elettori da 18.554 a 68.552[53]. Esso comunque non fu favorevole alla Sinistra, dato che a questa forza si contrapponeano i cattolici che, nelle elezioni del 1913 (26 ottobre – 2 novembre – XXIV legislatura), appoggiarono programmaticamente ("patto Gentiloni") i deputati liberali. Le divisioni interne nella Sinistra (socialisti contrari alla guerra, radicali e repubblicani favorevoli) contribuirono all'insuccesso.

Se a Urbino fu riconfermato Angelo Battelli[54], a Pesaro il conservatore Stanislao Monte Guarnieri superò (5.983 voti) i rivali Giuseppe Filippini (socialista, 2.710 voti) e Eugenio Chiesa (1.883 voti)[55], a Cagli Emilio Storoni (liberale "indipendente") batté il socialista Tito Barboni[56], a Fano Giovanni Ciraolo fu sconfitto dal liberale moderato Ruggero Mariotti, eletto per l'ennesima volta deputato della città metaurense[57].

 

Le proteste dei mezzadri

Una conseguenza dell’emigrazione, che aveva interessato buona parte delle zone rurali della provincia tra la fine del secolo XIX e l’inizio del successivo, fu l’inasprimento delle lotte sociali che interessarono in particolar modo (per la prima volta nella nostra provincia) la classe dei mezzadri. L’istituzione della mezzadria, nata negli ultimi secoli del Medioevo, era rapidamente degenerata nell’ultimo secolo quando, in conseguenza dell’esplosione demografica e della possibilità per il proprietario terriero di cambiare senza difficoltà i mezzadri del cui operato non era soddisfatto, si era arricchita di clausole vessatorie che avevano snaturato il patto originario fino a renderlo un vero e proprio sfruttamento dei lavoratori agricoli da parte del proprietario terriero[58].

L’emigrazione di consistenti quote di lavoratori della terra fece invece saltare tutte le regole e i patti lavorativi vennero messi in discussione dalle “leghe di resistenza”, create dai socialisti agli inizi del secolo in vari luoghi della provincia (la prima fu quella di Pergola, dell’estate 1902): particolarmente vivace la zona del Pesarese, dove era attivo il socialista pesarese Giuseppe Filippini[59].

La protesta contadina, che si manifestò all’approssimarsi dei lavori per la mietitura del 1906, si sviluppò particolarmente nelle campagne di Pesaro, Fano e Fossombrone, ma si diffuse poi anche nei centri dell’interno (Cagli, Urbino, Urbania)[60].

I mezzadri chiedevano la metà delle sementi padronali, l’abolizione della “collara” (una quantità fissa di grano che il contadino doveva al proprietario, in rapporto al numero dei capi bovini o equini dell’azienda) e la revisione di altre norme comprese in essi: a Fossombrone nel febbraio 1906 gli agrari cedettero e vennero stipulati nuovi patti colonici che accettavano la richiesta dei contadini[61].

A Pesaro i contatti ufficiali tra commissione dei proprietari e comitato centrale delle leghe iniziarono il 5 maggio 1906 e, dopo due mesi di discussioni, il 4 luglio 1906 veniva definito il nuovo patto colonico: erano abolite la tassa rustica e la collara; il grano da seme era diviso in proporzione al reddito del fondo; erano aboliti servizi e prestazioni vari a carico del contadino; il mezzadro si impegnava ad acquistare autonomamente gli utensili minori; erano divisi a metà vino, olio, legname, mangime per il bestiame, foglie del gelso. Anche se non tutte le richieste dei lavoratori erano state accolte, nel complesso il patto era un successo. Analoghe conquiste vennero anche realizzate negli altri mandamenti[62].

Particolarmente caldi anche gli anni 1912 e 1913: ora si opponevano all’Associazione Agraria (fondata nel 1908, riuniva i proprietari terrieri della provincia) non solo le leghe rosse, che richiedevano drastiche modifiche ai vecchi patti, ma anche quelle bianche, nel frattempo formatesi, meno radicali ma ugualmente combattive: le agitazioni, imponenti, si conclusero con l’accettazione da parte dei proprietari di una parte consistente delle richieste delle leghe[63].

 

Mercatino Marecchia diventa comune

Nel 1907 il  territorio del comune di Talamello fu diviso nei due comuni di Talamello e Mercatino Marecchia: "si trattava di riconoscere una realtà economica (legata alla miniere di zolfo di Perticara) di un rilevante dinamismo, che travolgeva la dimensione statica del confine ereditato dai secoli"[64]. La costituzione del nuovo comune, che dal 1942 assumerà la denominazione di Novafeltria, è in effetti “una svolta decisiva nella storia del Montefeltro, che mai in precedenza aveva avuto un centro urbico capace di espandersi e di esercitare una qualsiasi attrazione… Tanto più che tutte le frazioni scelgono di passare al nuovo comune, lasciando Talamello sola, arroccata sul suo sperone di roccia e sugli orgogli della sua vecchia classe dirigente”[65].

 

L'impresa libica

Nel 1911 l’Italia giolittiana si accingeva a combattere la guerra di Libia, contro la Turchia. Voluta dal Primo ministro e da ampi settori della vita politica (destra liberale, nazionalisti) e del mondo economico (in particolare alcune banche), essa, anche a Pesaro, accese un’ampia discussione politica e contribuì a dividere ulteriormente le forze popolari: i cattolici infatti “si schierarono decisamente a favore dell'intervento, criticarono aspramente le posizioni pacifiste dei socialisti e le incertezze del Sindaco e della Giunta” e “promossero manifestazioni patriottiche insieme al neonato gruppo nazionalista pesarese”.  Nel blocco popolare inoltre si schierarono per l’intervento i radicali e mostrarono incertezze i repubblicani. Possiamo anche ricordare “un piccolo tafferuglio, sedato dalle guardie di Pesaro e dai carabinieri, avvenuto il 29 settembre 1911 tra studenti acclamanti a Tripoli italiana e partecipanti ad un comizio contro la spedizione militare”. Si registrarono tensioni anche in altri comuni della provincia[66].

 

Il 1914: nazionalisti, socialisti, interventisti

La costituzione ufficiale dei gruppi nazionalisti, che sostenevano la necessità di una politica estera più incisiva, avvenne, a Pesaro e a Fano, all’inizio del 1914[67]: il 6 gennaio al teatro Rossini venne promossa dall’appena fondato gruppo nazionalista una conferenza in cui l'on. Federzoni tenne un contraddittorio con il giovane Pietro Nenni (allora aderente al partito repubblicano)[68]. Nel frattempo anche i socialisti, “neutralisti”, si mobilitano e, nei giorni 9-11 gennaio, vennero effettuati scioperi nelle principali città della provincia[69].

Nell’aprile 1914 il gruppo nazionalista organizzava, a Pesaro, una conferenza sulla ‘questione adriatica’; nel settembre veniva stampato un opuscolo di un socio del gruppo nazionalista pesarese, un certo Filippo Galli, Contro la neutralità italiana[70].

La nostra provincia fu anche coinvolta, marginalmente, nelle proteste per i fatti di Ancona: a Pesaro si tenne il 9 e il 10 giugno 1914 lo sciopero generale socialista, l'11 quello dei Repubblicani[71].

Lo scoppio della prima guerra mondiale provocò anche nelle nostre città un ampio dibattito, in cui si contrapponevano le varie forze politiche: erano favorevoli all’intervento, pur con diverse motivazioni,  sia i Nazionalisti sia i Repubblicani, che, dall'ottobre del 1914, organizzarono conferenze, comizi e manifestazioni[72].

A Pesaro ci furono alcuni tafferugli, sedati dalle forze dell'ordine, il 10 e il 13 maggio, durante le "radiose giornate"; fallì il comizio neutralista indetto dai socialisti il 19 maggio[73]. Manifestazioni di giubilo da parte di giovani pesaresi il 23 maggio, alla notizia della mobilitazione; l’Italia entrò in guerra il giorno successivo[74].

 

La guerra

Con l’entrata in guerra dell’Italia, il territorio delle isole e dei comuni costieri dell’Adriatico venne dichiarato “zona di guerra”, dato che poteva essere esposto ad incursioni da parte della marina austro-ungarica[75].

Puntualmente avvennero i temuti bombardamenti navali: il 24 maggio, giorno dell’inizio ufficiale delle ostilità, venivano cannoneggiate Ancona, Senigallia e Potenza Picena[76], il 18 giugno Pesaro[77], il 17 luglio Fano[78].

I centri della nostra provincia non subirono per fortuna altri danni diretti dal conflitto. Vennero inviati naturalmente migliaia di soldati al fronte, furono accolti profughi e feriti provenienti dal fronte e dalle zone coinvolte nelle operazioni belliche, venne introdotta la tessera annonaria per  alcuni generi alimentari di prima necessità[79].

Si fermarono i traffici e anche la normale attività politica fu come congelata per alcuni anni. Finalmente, il 4 novembre 1918 la guerra finì, salutata da manifestazioni di piazza anche nelle nostre città.

 

La Spagnola

Nel frattempo anche la nostra provincia era stata investita dalla “Spagnola”, l’epidemia influenzale che, nell’Europa sconvolta dalla guerra causò 600.000 decessi (quante le vittime del conflitto). “L’epidemia si divide in due fasi: la prima, nella stagione primaverile-estiva, in cui non si registrano morti; la seconda, caratterizzata da un enorme numero di decessi, inizia nel settembre 1918 per scemare nella primavera del 1919. Nei grafici la mortalità seguiva un profilo a W, i cui picchi riguardavano  i neonati e i bambini sotto i cinque anni, gli anziani tra i settanta e i settantaquattro anni, e le persone tra i trenta e i quaranta. Oltre ai militari, categoria nella quale i decessi sono molto diffusi, per quanto riguarda i civili, le donne tra i 16 e i 40 anni sono una delle fasce più colpite, perché su di esse si riversa il pesante carico di lavoro che prima del conflitto  spettava agli uomini”[80]. Nella nostra provincia si contano 2123 vittime nel 1918, 330 nel 1919,  275 del 1920[81].



[1]E. SANTARELLI, Le Marche dall'Unità al fascismo, Roma 1964, p. 117. Per i gruppi anarchici di Fossombrone vds.  Serafino GIULIETTI e Stefano GIULIETTI, Lotte sociali e gruppi politici a Fossombrone e dintorni 1900-1915, Urbino 1981, pp. 53-67.

[2]E. ROMAGNA, Vita politica a Pesaro dall'Unità alla prima guerra mondiale, in AAVV, "Da San Pietro in Calibano a Pesaro. Una storia lunga un secolo", Villa Verucchio 1992, pp. 87-105, a pag. 90.

[3]Romagna, Vita politica, p. 90

[4]Romagna, Vita politica, p. 91; A. GIANNOTTI, Un pioniere del socialismo: Domenico Gasparini, in AAVV., "Pesaro-Urbino dalla Unità alla Resistenza", Urbino 1975, pp. 45-81, a pag. 54.

[5]Dati tratti da G. SCELSI, Statistica della provincia di Pesaro e Urbino, Pesaro 1881, p. 187. L'età degli elettori fu abbassata da 25 a 21 anni; requisito indispensabile era inoltre il pagamento di 20 lire (anziché 40) di imposta annua o di aver concluso con buon esito i primi due anni della scuola elementare.

[6]Scelsi, Statistica, p. 187. Lo scrutinio di lista sarebbe stato abolito con legge 5 maggio 1891, n. 210.

[7]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 197; Scelsi, Statistica, pp. 187-188; Giannotti, Moderati, cattolici e radicali, p. 40.

[8]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 197; Giannotti, Moderati, cattolici e radicali, p. 41; Romagna, Vita politica, pp. 88-91. Nella prima era candidato il principe Ruspoli, che a Pesaro aveva vaste proprietà; nella seconda M. Paterni e A. Costa.

[9]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 197; Giannotti,  Moderti, cattolici e radicali, p. 42 (ma l'elezione di Dotto fu annullata il 27 febbraio 1885 e, nelle suppletive, lo sostituì E. Panzacchi). Nel 1885 il sindaco di Pesaro Vaccai sostituì G. Finzi.

[10]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 197. Sconfitto lo schieramento democratico: Dotto de' Dauli, Budassi, Pantano, Paterni.

[11]F. BATTISTELLI, Camillo Marcolini e la cultura fanese a fine secolo XIX, in P. Giannotti (a cura di), "Fano dopo l'Unità. La costruzione dell'identità cittadina (1860-1900)" (Quaderni di Nuovi Studi Fanesi), Fano 1997, pp 55-87, a pag. 76.

[12]Legge n. 58605 del 30 dicembre 1888; R.D. 10 febbraio 1889 n. 5925.

[13]Giannotti, Moderati, cattolici e radicali, p. 45; Romagna, Vita politica, p. 89.

[14]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 197.

[15]Iscritti 4678, votanti 3270: Vaccai ebbe 1673 voti; Nathan 1486 (Severini, Protagonisti e controfigure, p. 197).

[16]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 202: 1523 voti per Mariotti, 33 per T. Lombardi (3841 iscritti, 1649 votanti); Battistelli, Camillo Marcolini, p. 76.

[17]G. Martorelli si presentò senza avversari nella campagna elettorale del 1892; l'anno successivo fu però necessario ritornare alle urne e il Martorelli sconfisse l'avversario M.R. Imbriani-Poerio Severini, Protagonisti e controfigure, p. 204: 1569 voti su 1748 votanti alle elezioni del 6 novembre 1892 (44 i voti dispersi). Il 30 settembre 1893 Martorelli ebbe 1659 voti, Imbriani-Poerio 1069 (4913 gli iscritti, 2843 i votanti). Valenti, Società e politica, p. 230.

[18]M.T. FORZA, Angelo Celli deputato di Cagli, in AAVV, "Pesaro-Urbino dalla Unità alla Resistenza", Urbino 1975, pp. 123-170, a pag. 128; Severini, Protagonisti e controfigure, p. 200: Celli ottenne 1860 voti, Corvetto 1231 (iscritti 4393, votanti 3255). Celli propose negli anni successivi una serie di provvedimenti per la lotta alla malaria che previdero anche, in una legge approvata nel 1900, la somministrazione statale del chinino.

[19]Romagna, Vita politica, p. 92; A. BRANCATI, Aspetti di vita pesarese tra Ottocento e Novecento, in AAVV, "Le Marche tra Ottocento e Novecento", Urbania 1995, pp. 127-138, a pag 136.

[20]Romagna, Vita politica, p. 92.

[21]E. SORI e L. GORGOLINI, Evoluzione demografica, sviluppo economico e mutamento sociale, in A. Varni (a cura di), “La Provincia di Pesaro e Urbino nel Novecento”, tomo I, Venezia 2003, pp. 1-80, a pag. 62.

[22]Sori-Gorgolini, Evoluzione demografica, figura 20, p. 64. “I picchi nei valori annuali degli espatri si hanno nel triennio 1905-1907, nel biennio 1912-1913 e nel 1920, mentre gli avallamenti si riferiscono alla crisi economica internazionale del 1908 o al varo, tra 1921 e 1924, dei provvedimenti governativi di “quota” che limitano fortemente l’immigrazione negli Stati Uniti, oltre, naturalmente, alla forzata interruzione del flusso provocata dallo stato di belligeranza dell’Italia tra 1915 e 1918”

[23]Sori-Gorgolini, Evoluzione demografica, figura 20, p. 64.

[24]R. PACI, L’ascesa della borghesia nella Legazione di Urbino dalle riforme alla Restaurazione, Milano 1966, pp. 166-167.

[25]P. GIANNOTTI e E. TORRICO, Le scelte politiche dell’amministrazione provinciale  di Pesaro e Urbino, in A. Varni (a cura di), “La provincia di Pesaro e Urbino nel Novecento”, tomo II, Venezia 2003, pp. 579-757, a pag. 581.

[26]Giannotti-Torrico, Le scelte politiche, pp. 581-582.

[27]Giannotti-Torrico, Le scelte politiche, pp. 587.

[28]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 198 (3882 iscritti, 2830 votanti: Albani ebbe 1480 voti; Nathan 1241).

[29]Severini, Protagonisti e controfigure, pp. 82 e 202: Moscioni Negri ebbe 1279 voti, Mariotti 1077 (3422 iscritti, 2440 votanti). Vds. anche M. SEVERINI, Un indiscusso protagonista: Ruggero Mariotti, in AAVV, "La soglia della modernità. Fano antigiolittiana (1900-1914)" (Quaderno di Nuovi Studi Fanesi), Fano 1998, pp. 39-47, alle pagg. 43-44: "... mentre Mariotti si era praticamente disinteressato della contesa elettorale, le forze di opposizione aveano alletito dalle colonne de La fortuna e La sveglia democratica una vivace campagna contro il leader liberale, attaccandolo per il continuo disinteresse rivelato verso i problemi locali e nazionali e per l'incondizionato sostegno a Crispi".

[30]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 204: Budassi ottenne 1475 e 1341 voti (1 e 2 turno), Martorelli 1363 e 1315 (4018 gli iscritti, 2798 e 2972 i votanti); si dovetter tornare alle urne l'8 settembre 1895 e Budassi sconfisse Martorelli per 1313 voti cotnro 45. Valenti, Società e politica, p. 230; Santarelli, Le Marche, p. 288. Su Budassi vds. V. PAOLUCCI, Un democratico urbinate di fine secolo. Scritti e discorsi di Francesco Budassi, Urbino 1969.

[31]Forza, Angelo Celli, p. 131; Severini, Protagonisti e controfigure, p. 200: Celli ottenne 1495 voti; il suo avversario F. Raffaelli 788 (iscritti 3301; votanti 1579).

[32]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 198 (3848 iscritti, 2082 votanti: Albani ebbe 1174 voti, Costa 758).

[33]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 202: Mariotti ebbe 1321 voti, Moscioni 731 (3486 iscritti, 2570 votanti). Battistelli, Camillo Marcolini, p. 76.

[34]Forza, Angelo Celli, p. 131; Severini, Protagonisti e controfigure, p. 200: Celli ottenne 1435 voti; il suo avversario C. Prampolini 87 (iscritti 3324, votanti 87).

[35]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 204: Budassi 937 voti, C. Prampolini 207 (4000 gli iscritti, 1262 i votanti). Valenti, Società e lotta politica, p. 230; Santarelli, Le Marche, p. 288.

[36]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 198 (3969 iscritti, 2439 votanti: Albani ebbe 1271 voti, Masini 1060); Santarelli, Le Marche, p. 199.

[37]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 202: mariotti ebbe 1414 voti, Baccarini 1151 (3689 iscritti, 2668 votanti). Vds. anche F.M. CECCHINI, Aspetti della crisi democratico-cristiana a Fano (1900-02), in "Fano", IV (1967), pp. 95-116, a pag. 98; N. FERRI, La vittoria di Ciraolo, in "Fano", IV (1967), pp. 117-137, a pag. 118.

[38]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 204: Zannoni ebbe 1337 e 1351 voti (1 e 2 turno), A. Battelli 1263 e 1301 voti (3969 gli iscritti, 2782 e 2929 i votanti). Valenti, Società e politica, p. 230.

[39]Forza, Angelo Celli, p. 131; C. ARSENI, Cagli ‘900 tra cronaca e storia,, parte I, Cortona 1992, pp. 11-15; Severini, Protagonisti e controfigure, p. 200: Celli ebbe 1217 voti (3415 iscritti, 1289 votanti).

[40]Romagna, Vita politica, pp. 92-93; Santarelli, Le Marche, p. 182.

[41]Giannotti, Un pioniere, p. 55.

[42]P. GIANNOTTI – E. TORRICO, Le scelte politiche dell’amministrazione provinciale di Pesaro e Urbino, in A. VARNI (a cura di), “la Provincia di Pesaro e Urbino nel Novecento”, vol. II, Venezia 2003, pp. 589-757, a pag. 581.

[43]C. ARSENI, Cagli ‘900 tra cronaca e storia, parte I, Cortona 1992, pp. 48-49; Severini, Protagonisti e controfigure, p. 200: Celli ebbe 1244 voti; il suo avversario, il socialista T. Barboni 549 (3782 iscritti, 1885 votanti): non si erano presentati avversari del partito “costituzionale”.

[44]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 204: Battelli ebbe 1935 voti, S. Bianchi 300 (4623 gli iscritti, 2342 i votanti). L. VALENTI, Società e politica nei decenni post-unitari, in G. Allegretti, F.V. Lombardi (a cura di), "Il Montefeltro 2 - Ambiente, storia, arte nell'alta Valmarecchia", Villa Verucchio 1999, pp. 217-233, a pag. 231.

[45]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 202: Mariotti ebbe 1529 voti, Gabrielli 1004 (3998 iscritti, 2719 votanti). Ferri, p. 118.

[46]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 198 (4454 iscritti, 2803 votanti: Rava 1495 voti; Chiesa 724; Costa 480).

[47]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 198.

[48]Arseni, Cagli ‘900, vol. I, pp. 75-91; Severini, Protagonisti e controfigure, p. 200: Celli ebbe 1612 voti, il radicale E. Storoni, spostatosi su posizioni moderate, 1004, M. Patrizi 553 (iscritti 4095, votanti 2719).

[49]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 204: Battelli non ebbe avversari in quella competizione eletttorale e ottenne 2346 voti su 2415 votanti (5193 gli iscritti); L. VALENTI, Società e politica nei decenni post-unitari, in G. Allegretti, F.V. Lombardi (a cura di), "Il Montefeltro 2 - Ambiente, storia, arte nell'alta Valmarecchia", Villa Verucchio 1999, pp. 217-233, a pag. 231.

[50]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 202: Ciraolo ebbe 1477 voti al primo turno, 1592 al secondo; Mariotti rispettivamente 1575 e 1507 (gli iscritti erano 4334 al primo turno 4324 al secondo; i votanti rispettivamente 3185 e 3337).

[51]Severini, Ruggero Mariotti, pp. 45-46. M. SEVERINI, La massoneria e le elezioni del 1909 a Fano, in "Storia e problemi contemporanei, n. 21, 1998, pp. 133-143.

[52]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 198 (iscritti 4912, votanti 3359: Mancini 1782, Albicini 1478).

[53]Giannotti-Torrico, Le scelte politiche, p. 586.

[54]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 204: Batttelli ottene 9796 voti, U. Bianchi 570 (20.345 gli iscritti, 10.835 i votanti). Valenti, Società e politica, p. 231.

[55]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 198.

[56]Arseni, Cagli ‘900, pp. 105-124; Severini, Protagonisti e controfigure, p. 200: Al primo turno E. Storoni ebbe 3172 voti, V. Vettori 3026, T. Barboni 2932; al secondo turno Storoni ebbe 5948 voti, Vettori 4526 (15.379 gli iscritti, 9252 i votanti al primo turno, 10.491 al secondo); E. SANTARELLI E, Le Marche dall'Unità al fascismo, Roma 1964, p. 286.

[57]Severini, Protagonisti e controfigure, p. 202: Mariotti ottenne 4532 voti, Ciraolo 4267, T. Barboni 140 voti (iscritti 16.262; votanti 9.157); N. FERRI, La vittoria di Ciraolo, in “Fano” 4, 1967, pp. 117-137, a pag. 133.

[58]F. DEL POZZO, Le leghe contadine, in AAVV, “Pesaro-Urbino dall'Unità alla Resistenza”, Urbino 1975, pp 86-87.

[59]Del Pozzo, Le leghe contadine, p. 92.

[60]Del Pozzo, Le leghe contadine, p. 97.

[61]Del Pozzo, Le leghe contadine, p. 99; Serafini-Serafini, Lotte sociali, pp. 31-33.

[62]Giulietti-Giulietti, Lotte sociali, p. 38; Giannotti-Torrico, Le scelte politiche, p. 583.

[63]Del Pozzo, Le leghe contadine, p. 109; Giulietti-Giulietti, Lotte sociali, pp. 111-131.

[64]G. MARTUFI, La riforma amministrativa del 1927 ed il nuovo assetto demografico e territoriale della provincia di Pesaro e Urbino, in A. Bianchini – G. Pedrocco, "Dal tramonto all'alba. La Provincia di Pesaro e Urbino tra Fascismo, guerra e ricostruzione", Bologna 1995, pp. 137-158, a pag. 143.

[65]G. ALLEGRETTI, Il dopo Medioevo, in G. Allegretti e F.V. Lombardi (a cura di), “Il Montefeltro”, vol 2 (Ambiente, storia, arte nell’alta Valmarecchia), Villa Verucchio, 1999, pp. 147-216, a pag. 205.

[66]E. ROMAGNA, Vita politica a Pesaro dall'Unità alla prima guerra mondiale, in AAVV, “Da San Pietro in Calibano a Pesaro. Una storia lunga un secolo”, Villa Verucchio 1992, pp. 87-105, a pag. 102; A. BIANCHINI, Cronologia, in A. Varni, “La Provincia di Pesaro e Urbino nel Novecento”, tomo II, Venezia 2003, pp. 1211-1277, a pag. 1218. Il 14 maggio si era tenuta a Pesaro una serata futuristacon la partecipazione di Filippo Tommaso Marinetti e di Balilla Pratelli.

[67]Santarelli, Le Marche, p. 242; Romagna, Vita politica, p. 104.

[68]Bianchini, Cronologia, p. 1219.

[69]Giannotti-Torrico, Le scelte politiche, p. 588

[70]Bianchini, Cronologia, p. 1220.

[71]Romagna, Vita politica, p. 104.

[72]Romagna, Vita politica, p. 105 "Si arriva al punto che il repubblicano Giuseppe Renganeschi porta l'adesione del suo partito alla conferenza del nazionalista prof. Marino Lazzari sul tema "Mare nostrum".

[73]Romagna, Vita politica, p. 105.

[74]Bianchini, Cronologia, p. 1221.

[75]Santarelli, Le Marche, p. 251; PEDROCCO G., La provincia di Pesaro e Urbino durante la "grande crisi", in Bianchini A. - Pedrocco G., "Dal tramonto all'alba. La Provincia di Pesaro e Urbino tra Fascismo, guerra e ricostruzione", Bologna 1995, pp. 15-62, a pag. 15.

[76]Bianchini, Cronologia, p. 1221.

[77]Bianchini, Cronologia, p. 1221.

[78]Bianchini, Cronologia, p. 1221.

[79]Bianchini, Cronologia, pp. 1221-1222.

[80]L. GORGOLINI e L. TARANTINO, Costumi e condizioni sociali, in A. Varni (a cura di), “La Provincia di Pesaro e Urbino nel Novecento”, tomo II, Venezia 2003, pp. 1005-1085, a pag. 1057.

[81]Gorgolini-Tarantino, Costumi e condizioni sociali, figura 10, p. 1058.