Capitolo II

 

La romanizzazione

 

Primi scontri tra Romani e Senoni

I primi contatti tra Romani e Galli Senoni non furono pacifici: intorno al 390-386 una banda di Senoni marciò su Roma e la saccheggiò; momenti di forte crisi, se non veri e propri scontri, si ebbero anche nel 360[1]  e nel 348[2]. Nel 334 a.C. invece fu firmato un trattato di pace, che permise ai Romani di accantonare il problema gallico nei difficili anni della seconda guerra sannitica (326-304)[3].

La tensione si riacutizzò negli ultimi anni del IV secolo a.C., quando i Romani intrapresero una vigorosa campagna in Italia centrale, che li portò a ridosso dei territori gallici: stipularono un foedus con Camerino nel 310; sconfissero gli Umbri a Mevania nel 308; fondarono, nel 299, Narni. Presumibilmente in questo periodo furono stipulati gli accordi con le popolazioni umbre che abitavano nella parte interna della nostra provincia (e che sarebbero rimaste nella condizione di alleati fino al 90 a.C)[4]: gli eserciti romani potevano raggiungere facilmente, passando attraverso zone controllate da popoli amici o alleati, il territorio medioadriatico.

Nel 299 si giunse di nuovo allo scontro aperto: i Senoni si erano uniti agli Etruschi contro Roma, che, a sua volta, si alleò con i Picenti, stanziati nelle Marche a sud del fiume Esino[5], o almeno con una parte di essi[6].

Lo scontro decisivo avvenne nel 295 presso il fiume Sentino (nei pressi dell'odierna Sassoferrato):  la coalizione comprendente Galli e Sanniti (e, forse, Etruschi e Umbri)[7] fu sbaragliata dai Romani, che persero uno dei consoli, P. Decio Mure ma distrussero quasi completamente gli eserciti avversari.

E' possibile che, dopo tale battaglia, i Senoni siano stati costretti a cedere parte dei loro territori, su cui fu fondata, nel 290 a.C., la prima colonia romana sull’Adriatico, Sena[8].

 

La guerra contro i Senoni (284-282 a.C).

L'ultima guerra tra Romani e Senoni avvenne tra il 284 e il 282 a.C., all'interno di un conflitto che vide coinvolti anche Etruschi e Galli Boi.

Casus belli fu una scorreria dei Senoni contro l'etrusca Arezzo dove, nel 284 a.C., i Galli si presentarono chiedendo agli abitanti della città di prendere le armi contro i Romani. Gli Aretini però rimasero fedeli all'alleanza precedentemente stipulata e, in loro soccorso, giunse il console L. Cecilio Metello con due legioni. Venuti a battaglia, i Romani furono sbaragliati: secondo la tradizione caddero lo stesso console, sette tribuni militari e tredicimila uomini. Dopo lo scontro presero le armi contro Roma Etruschi, Sanniti, Lucani e Bruzi[9].

Il nuovo console, Manio Curio Dentato, cercò di riscattare i prigionieri  ma, secondo alcune fonti, i Senoni uccisero proditoriamente gli ambasciatori romani, calpestando il diritto delle genti. Dentato guidò allora l'esercito nel territorio del nemico (non efficacemente difeso dato che i guerrieri erano in Etruria), sconfisse i Galli in battaglia e trattò senza pietà i nemici, mettendo a morte tutti quelli che non si erano salvati con la fuga. La popolazione fu annientata e il territorio fu incorporato in quello romano[10].

La guerra non era però conclusa. L'anno successivo, 283 a.C., Boi, Etruschi e resti dei Senoni mossero contro Roma. Lo scontro con l'esercito romano, comandato dal console P. Cornelio Dolabella, avvenne presso il lago Vadimone e la coalizione antiromana fu completamente disfatta[11]. Nel 282 infine furono ancora sconfitti Etruschi e Boi e fu firmata, con i secondi, la pace[12].

Anche se le fonti letterarie presentano diversi particolari che non si accordano con la ricostruzione proposta[13], non è in discussione la conseguenza della guerra: i Senoni scompaiono, come popolo autonomo, dalla storia italica[14] e la loro terra diventa territorio romano (Ager Gallicus)[15].

 

Fondazione di Sena

La prima colonia romana sull'Adriatico fu Sena, fondata, alla foce del Misa, secondo Livio[16] nel 290 a.C. (nel periodo immediatamente successivo quindi alla conclusione della II Guerra Sannitica che aveva visto coinvolti anche i Senoni, come alleati dei Sanniti, nella battaglia del Sentino del 295 a.C.), secondo Polibio[17] alla conclusione della guerra del 284-282 a.C. E' difficile dare la preferenza all'una o all'altra versione: forse al 290 deve essere riferito l'invio di un presidio militare, al 284 l'istituzione della colonia vera e propria[18].

Il nuovo insediamento doveva essere di piccole dimensioni: le colonie marittime romani infatti, nei casi a noi noti, non avevano una consistenza demografica superiore a poche centinaia di abitanti. Possiamo quindi ipotizzare, anche se le fonti non ne indicano il numero preciso, che i coloni non fossero più di trecento[19].

L'importanza strategica della colonia fu inoltre ben presto cancellata dalla fondazione, nel 268, della colonia latina di Rimini[20], che costituì il vero caposaldo romano della zona, e la principale testa di ponte verso la Pianura Padana.

 

La guerra picentina (269-268 a.C.)

Nel 269 i Romani si scontrarono con i Piceni, che abitavano le Marche meridionali al disotto del fiume  Aesis.

Le notizie su questo conflitto non sono numerose[21]. Il fatto che furono inviati a combatterla sia i consoli dell'anno 269, Q. Ogulnio e C. Fabio Pittore, sia quelli dell'anno successivo, P. Sempronio e Appio Claudio e il fatto che la seconda coppia celebrò a Roma il trionfo (cerimonia possibile solo nel caso che fossero stati uccisi in battaglia almeno 5.000 nemici)  mostra la durezza dello scontro[22].

Dopo la sconfitta dei Piceni, parte del loro territorio divenne ager publicus e parte della popolazione fu deportata tra Campania e Lucania[23]. Coloro che restarono ottennero, probabilmente, la civitas sine suffragio (cittadinanza romana senza diritto di voto), trasformata poi nel 241 a.C, in quella di pieno diritto[24].

Completarono il controllo della regione la fondazione della colonia latina di Ariminum[25] (268 a.C.), l'attuale Rimini, collegata ad un'imponente centuriazione del territorio circostanze (le colonie romane contavano poche centinaia di coloni, quelle latine diverse migliaia) e la guerra contro i Sarsinati[26], nel 266 a.C., conclusa anch'essa da un trionfo.

Nel 236 i Boi attaccarono Rimini ma rinunciarono ben presto all'assedio e si dispersero senza combattere[27].

 

La romanizzazione dell'ager Gallicus

Nel 232 a.C., con la Lex de agro Gallico Piceno viritim dividundo, il territorio  dell'ager Gallicus venne concesso a coloni romani e, quindi, profondamente romanizzato.

L'operazione interessò un'area abbastanza vasta. Catone scriveva che "si chiama romano il territorio gallico che fu assegnato individualmente a sud di Rimini oltre (ultra, al di là, a nord) il territorio dei Picenti", cioè tra il territorio di Rimini, già organizzata in colonia Latinorum nel 268 e il territorio dei Picentes[28]. Non furono naturalmente interessati dall'imponente distribuzione di terreni i territori già organizzati amministrativamente: a parte Rimini, esistevano già le due colonie di Sena Gallica (284 a.C.) e Aesis (247 a.C.); fu forse poi lasciato libero, in vista di eventuale successiva deduzione coloniaria, il territorio di Pesaro (colonia dal 184 a.C.)[29]. Non fu naturalmente interessata la zona dell'interno della nostra provincia (che non apparteneva all’ager Gallicus), la cui popolazione rimase nella condizione di alleata[30]. L'area della colonizzazione verosimilmente non si estendeva a sud del fiume Aesis (Picenum vero e proprio: l’espressione ager Gallicus Picenus presente in alcune fonti dovrebbe essre intesa come sinonimo di ager Gallicus e non come riferimento a due entità territoriali separate)[31].

Le operazioni, stando ad un passo di Polibio[32] e ad uno di Cicerone[33], si svolsero in diversi anni: nel 232 fu  approvata la legge ma le varie operazioni da essa contemplate, abbastanza complesse e da compiersi ad una certa distanza da Roma, furono compiute negli anni successivi .

Il tipo di distribuzione era anomala all'interno della tipologia coloniaria romana (la colonizzazione era viritim, cioè ad personam, non programmata insieme a fondazione di nuove città)[34]; propose e riuscì a far approvare la legge, malgrado l’opposizione dei senatori, il tribuno della plebe C. Flaminio, importante esponente del partito popolare[35].

Si costiturono così, grazie alle distribuzioni viritane, numerosi insediamenti rurali e, lungo le strade, villaggi, luoghi di riunione e mercato. Dal punto di vista amministrativo tutta la zona fu organizzata non in municipi o colonie, ma in praefecturae, cioè in distretti in cui amministrava la giustizia un praefectus iure dicundo, nominato dal pretore, che poneva la sua sede in uno dei conciliabula ivi esistenti[36]. Due di queste circoscrizioni furono Suasa e Ostra, trasformate in municipi alla fine del I sec. a.C.[37].

Favorì la romanizzazione della zona anche la costruzione della via consolare Flaminia, creata nel 220 a.C. dal censore C. Flaminio Nepote, che unì vari percorsi locali in un unico asse viario: la strada oltrepassava gli Appennini al valico della Scheggia, seguiva le valli del Burano e del Candigliano e, oltrepassata la gola del Furlo, scendeva in Val Metauro. Arrivata sul litorale, piegava quindi a sinistra raggiungendo Rimini. La via, nata come strada militare, divenne un percorso fondamentale per i traffici e per la colonizzazione della Pianura Padana.

 

La seconda guerra punica (219-201 a.C.)

La seconda guerra punica coinvolse anche la nostra provincia, in cui fu combattuta, nel 208 a.C. una delle battaglie più importanti dell’intero conflitto, il proelium Senense (battaglia del Metauro)[38]. Il cartaginese Asdrubale, fratello di Annibale (che impegnava i Romani in Italia meridionale), era riuscito a sfuggire agli eserciti romani che lo stavano affrontando in Spagna e si dirigeva in Italia per unire le sue truppe (circa 30.000 uomini) a quelle del fratello. I Romani avevano diviso i loro eserciti e, mentre il console M. Livio Salinatore aveva il comando del fronte settentrionale, il suo collega, Claudio Nerone, teneva a bada Annibale, il cui collegamento alle truppe del fratello sarebbe stato esiziale per la Repubblica[39].

Giunto nei pressi del luogo ove sarebbe poi sorta Fano, trovò sbarrata la strada dai Romani, che si erano concentrati a Sena Gallica: alle truppe di Livio Salinatore si era aggiunta una parte di quelle di Claudio Nerone (6000 fanti e 1000 cavalieri), che aveva lasciato al resto delle sue legioni il compito di tallonare Annibale. Asdrubale preferì non rischiare i suoi uomini contro un nemico che reputava superiore di numero e si allontanò dalla via costiera risalendo la valle del Metauro. Assalito durante la marcia e costretto ad accettare battaglia (22 giugno 207), scelse una posizione vantaggiosa: tuttavia i Romani, grazie ad un'abile manovra di Claudio Nerone, che riuscì, guadando il fiume, a prendere alle spalle i Cartaginesi, riuscirono ad avere la meglio. La vittoria fu netta; tra i caduti il comandante cartaginese[40].

 

Dopo la guerra

Dopo la seconda guerra punica l'Ager Gallicus cessò di diventare zona di confine tra Repubblica Romana e Galli indipendenti. Riprendendo con vigore la politica già iniziata nel periodo prebellico, i Romani si impegnarono a fondo nella riconquista della Pianura Padana: nel 189 veniva fondata, su un precedente insediamento indigeno, Bologna; nel 183 fu la volta di Modena e Parma; tra 187 e 175 fu tracciata la via Emilia. I Galli cessarono per sempre di essere un pericolo, sia per la nostra zona, sia per il resto d'Italia.

 

Fondazione di Pesaro[41]

Eodem anno (184 a.C)  coloniae duae, Potentia in Picenum, Pisaurum in Gallicum agrum, deductae sunt. Sena iugera in singulos data. Diviserunt agrum coloniasque deduxerunt iidem tresviri Q. Fabio Labeo, et M. et Q. Fulvii, Flaccus et Nobilior[42] (Nello stesso anno furono dedotte due colonie: Potenza nel Piceno, Pesaro nell'Ager Gallicus. Furono distribuiti sei iugeri ad ogni colono. Curarono la divisione dei campi e dedussero le colonie gli stessi magistrati: Q. Fabio Labeone, M. Fulvio Flacco, Q. Fulvio Nobiliore). Con queste parole Livio ricorda la fondazione di Pisaurum, colonia romana fondata alla foce del Pisaurus (l'odierno Foglia) nel 184 a.C, in una zona già da decenni entrata nell’orbita romana: sul luogo (in cui è sicura la presenza di un insediamento piceno) presumibilmente già sorgeva un conciliabulum con funzioni anche militari (controllo del guado del fiume).

Non ci sono attestazioni precise né su zona di provenienza dei coloni (che sembrerebbero però in gran parte dell'area sabina)[43] né sul loro numero: le colonie civium Romanorum non erano però mai troppo numerose e molto difficilmente si sarà superato il numero dei coloni (2000) di Parma e Modena, dedotte l'anno successivo[44].

Livio ancora ricorda che, dieci anni dopo la fondazione, nel 174 a.C., il censore Fulvio Flacco appaltò una serie di edifici e lavori pubblici nella città[45].

Sono quindi ricordati dalle fonti due funesti prodigi avvenuti a Pesaro rispettivamente nel 163 e nel 97[46]: la tradizione storiografica antica non ricorderà, per tutta l'età repubblicana, episodi fausti o Pesaresi onesti[47], probabilmente perché la colonia è, dalla tradizione antica, collegata con l'oro maledetto, pagato al tempo della spedizione dei Galli contro Roma, che avrebbe contaminato il territorio della colonia[48].

 

La distribuzione agraria

Alcune zone della bassa vallata del Metauro furono interessate dalla distribuzione di terre ai nullatenenti (in base alla legge agraria presentata nel 133 d.C. dal tribuno della plebe Tiberio Gracco, la lex Sempronia agraria) effettuata nel periodo 133-130 a.C. dalla commissione formata da Publio Licinio, Appio Claudio e Gaio Sempronio Gracco. La notizia ci è pervenuta grazie ad una fonte epigrafica di alcuni decenni successiva: un cippo di pietra rinvenuto a S. Costanzo e inserito, dal Bormann, nel Corpus Inscriptionum  Latinarum, tra le iscrizioni pesaresi (Fanum è colonia augustea e quindi successiva al periodo a cui viene attribuita l'epigrafe; tuttavia è difficile sostenere che il territorio della futura colonia fosse allora pertinenza di Pesaro, dato che poteva essere organizzato diversamente, ad esempio come praefectura)[49].

Connessa con la sistemazione triumvirale della bassa vallata del Metauro è anche presumibilmente la fondazione di Forum Sempronii dato che, anche se mancano riferimenti espliciti nelle fonti antiche, il Sempronio da cui prese il nome il centro potrebbe essere il Gaio Sempronio Gracco della commissione triumvirale[50]

La distribuzione, proposta ed effettuata da rappresentanti del partito “popolare”, può spiegare la consistenza del partito "democratico" nella zona nei decenni successivi, uno dei cui centri più importanti sarà la vicina Rimini.

 

La municipalizzazione della provincia

Mentre la zona costiera (corrispondente ai territori di Pisaurum, Fanum, Forum Sempronii, Sena Gallica, Ostra e Suasa) era da tempo romanizzata e costellata da insediamenti rurali e cittadini, la parte interna della provincia, abitata da popolazioni umbre, era rimasta nelle condizioni contemplate dalle alleanze stipulate con i Romani tra la fine del IV e l'inizio del III secolo a.C.: tuttavia possiamo presumere che fosse consistente l'assimilazione dei modelli provenienti da Roma, dal punto di vista economico, sociale ed  amministrativo.

Nel periodo successivo al 90 a.C., comunque, il territorio fu inserito organicamente all'interno dello Stato romano. Infatti, durante la guerra contro i socii italici, che chiedevano l'equiparazione dei diritti, i Romani, per limitare le defezioni, promulgarono una legge che concedeva agli Umbri la cittadinanza romana. Così negli anni successivi, liquidata la rivolta, furono progressivamente trasformati in municipi i centri principali delle varie popolazioni umbre (l'organizzazione municipale era indispensabile per far sì che i nuovi cittadini  potessero beneficiare dei diritti acquisiti), che ricevettero una complessa costituzione in base alla quale il potere esecutivo era esercitato da una magistratura di quattro uomini (i quattuorviri)[51]. Vennero quindi organizzati diversi municipi umbri cisappenninici, tra i quali, nella nostra provincia, Pitinum Mergens (presso Acqualagna), Tifernum Mataurense (S. Angelo in Vado), Sestinum (Sestino), Pitinum Pisaurense (Macerata Feltria), Urvinum Mataurense (Urbino)[52].

La trasformazione delle prefetture dell'ager Gallicus in municipi avvenne invece successivamente, intorno al 49 a.C. Anch'essi, come i centri amministrativi creati dopo la guerra sociale del 90 a.C., ebbero una costituzione, nella quale però, figuravano preposti all'amministrazione della giustizia, come sommi magistrati, non i quattuorviri ma i duoviri[53]. Il provvedimento interessò sicuramente i centri di Forum Sempronii, Suasa, Ostra e, probabilmente, anche Fanum (poi diventata, in età augustea, colonia)[54].

 

Guerra civile (82 a.C.)

Piceno, Ager Gallicus e Umbria furono quindi pesantemente coinvolte nella prima guerra civile, quella tra optimates e populares, scoppiata nell'83 a.C., al ritorno in Italia di Silla, inviato alcuni anni prima in Grecia e Asia Minore contro Mitridate. Durante la sua assenza i suoi avversari politici avevano ottenuto il completo controllo dello Stato ma, appena il nobile romano sbarcò a Brindisi, si schierarono dalla sua parte Q. Cecilio Metello Pio e Pompeo, che subito arruolò un esercito (tre legioni) tra le sue clientele del Piceno[55].

Nell'82 a.C. le operazioni di guerra tra i due opposti schieramenti si svolsero nella vallata del Liri, che permetteva l'accesso a Roma, e nella zona costiera adriatica tra Piceno e Ager Gallicus, dove si trovavano di fronte forze oligarchiche (guidate da Metello Pio e Gneo Pompeo) e democratiche (il cui comando fu affidato al consolo Gneo Papirio Carbone)[56], che avevano nell'Ager Gallicus e nella Flaminia la loro base e potevano contare sul sostegno della colonia di Rimini e della Gallia Transalpina.

Se il settore meridionale fu contrassegnato dall'inarrestabile avanzata di Silla, quello settentrionale vide un confuso susseguirsi di combattimenti.

Viene in primo luogo ricordato uno scontro tra Metello e un legato di Carbone, Carrina, che voleva impedire alle truppe oligarchiche di penetrare nell'Ager Gallicus: si concluse con la sconfitta del secondo[57]. La situazione era comunque tutt'altro che compromessa quando Carbone fu costretto ad inviare truppe nella vallata del Liri per contenere l'offensiva di Silla che, nel frattempo, era giunto a Roma e cercava di risalire la vallata del Tevere per stabilire un contatto con le forze del settore adriatico[58].

Le forze oligarchiche nel frattempo erano sbarcate, sotto la guida di Metello Pio, a Ravenna, con l'intenzione di togliere a Carbone il controllo della Transalpina. Gneo Pompeo invece aveva occupato Sena (che nell'occasione fu saccheggiata)[59] e cercava di congiungere le sue forze con quelle di Silla che stava risalendo la Flaminia[60].      .

Un primo scontro, a Chiusi, fu favorevole ai populares; il ricongiungimento dei due eserciti aristocratici mise però in difficoltà i democratici: Corinna fu vinto e per un certo periodo assediato a Spoleto e anche la colonna inviata in suo aiuto da Carbone subì alcune perdite[61].

La situazione ormai precipitava anche nella Gallia Transalpina: a Faenza si scontrarono le truppe democratiche, guidate da Carbone (sopraggiunto velocemente dall'Umbria) e Norbano (che teneva Rimini) con quelle di Metello. L'esercito dei primi fu distrutto, Rimini si arrese agli oligarchici, Carbone fuggì con un migliaio di uomini in Etruria, da dove si sarebbe poi imbarcato[62]. La guerra nell'Ager Gallicus era finita.

 

Tensioni sociali tra la prima e la seconda guerra civile (81-49 a.C.)

Non meno cruento e socialmente destabilizzante fu il dopoguerra: il partito vincitore impose il suo volere con le proscrizione e le confische. Anche se non sono ricordate espressamente distribuzioni sillane nell'Ager Gallicus[63], esse ci furono, e furono probabilmente anche molto pesanti: gran parte delle proprietà di una certa importanza furono confiscate e Pesaro stessa, con ogni verosimiglianza, divenne colonia sillana[64].

Forse a questo periodo si attribuisce il già menzionato cippo del propretore M. Terenzio Lucullo, che diede ordine di ripristinare, in esecuzione di una delibera senatoriale, i cippi di confine della distribuzione effettuata, negli anni 133-130 dai triumviri Publio Licinio, Appio Claudio e Gaio Gracco[65]; le datazioni proposte per tale documento sono l'82-81 o il 75-74 a.C e, se si accettasse la seconda ipotesi, "non ci sarebbe difficoltà a pensare ad un progetto di recupero di terre per la sistemazione di veterani di Silla[66].

Deve inoltre esser ricordato, alcuni anni dopo, nel 72 a.C., il passaggio delle masse di schiavi guidate da Spartaco, che sconfisse in due battaglie i Romani nel Piceno mentre con il grosso dei suoi uomini si dirigeva verso nord. Arrivato a Modena, e messo in fuga un altro esercito romano comandato dal governatore della Cisalpina, Gaio Cassio, decise però di ritornare indietro. L'Ager Gallicus fu così nuovamente attraversato, con i risultati che si possono immaginare.

Dieci anni dopo, infine, sappiamo che la regione fu coinvolta nella famosa congiura di Catilina (63 a.C.) e che anzi fu una delle zone in cui i seguaci del leader sillano erano più numerosi e turbolenti[67].

 

Le guerre civili  dal 49 al 30 a.C.

Nella seconda guerra civile, quella tra Cesare e Pompeo (49-45 a.C.), i luoghi della nostra provincia non ebbero, per loro fortuna, ruolo rilevante nel conflitto e la regione passò subito, nel 49 a.C., sotto il controllo di Cesare[68].  

Anche la guerra civile scoppiata alla morte di Cesare (44 a.C.) tra Antonio e Senato (guerra di Modena, 43 a.C) e la guerra di Filippi (Ottaviano e Antonio contro Bruto e Cassio, 42 a.C.) non furono combattute nella nostra zona, che però, come tante altre regioni d'Italia, dovette ancora una volta soffrire per la distributio agrorum realizzata dai vincitori: sappiamo che fu distribuita una parte dei territori di Sena[69] e Ostra[70] e che anche Pesaro dovette accettare, nel 41 a.C., coloni di Antonio[71] (come dovettero accettarli, a nord e a sud di Pesaro, Rimini e Ancona)[72].

Presumibilmente coinvolta invece la provincia nella guerra di Perugia, combattuta nel 41 a.C. tra Ottaviano e il console Lucio Antonio (fratello del triumviro M. Antonio): vari eserciti attraversarono infatti la zona da nord e da sud ed anche il municipio di Sentino (nei pressi dell'odierno Sassoferrato), nel quale si erano rifugiati  truppe di L. Antonio guidate da  C. Furnio, fu totalmente distrutto dalle truppe di Ottaviano[73].

L'ultima guerra civile, quella tra Antonio e Ottaviano, combattuta in Oriente, fu in qualche modo preannunciata da un sinistro presagio avvenuto a Pesaro, nel 31 a.C.: "Pesaro, città colonizzata da Antonio, e posta sulle rive dell'Adriatico, fu inghiottita da una voragine apertasi nel terreno”[74].

Nella prima età augustea, infine, abbiamo ricordate le ultime assegnazioni coloniarie. Veterani augustei furono insediati sia a Fano (Colonia Julia Fanestris, ascritta alla tribù Pollia)[75] sia Pesaro[76]. L'impianto della due colonie si pone tra il 31 a.C. (battaglia di Azio) e il 27 a.C. (quando C. Giulio Cesare Ottaviano ottenne dal senato l'appellativo di Augusto, non presente nel nome delle due colonie).



[1]POLIBIO, Storie,  II, 18 (trad. Schick): Quando poi di nuovo i Celti il trentesimo anno dopo la presa della città pervennero con un numeroso esercito fino ad Alba, i Romani, sorpresi dall'attacco improvviso, poiché le truppe alleate non si erano raccolte  velocemente, non osarono affrontarli in campo aperto.

[2]Polibio, Storie, II, 18 (trad. Schick): Ma quando dodici anni più tardi i Galli avanzarono a un nuovo assalto con un numeroso esercito, i Romani, avutane notizia in tempo, riuniti gli alleati, con grande ardore mossero loro incontro... I Galli però spaventati per tale impeto e per di più essendo venuti a contesa fra loro, sopraggiunta la notte ritornarono in patria, con una ritirata del tutto simile ad una fuga.

[3]Polibio, Storie, II, 18 (trad. Schick): Provato un così grande spavento, per tredici anni rimasero tranquilli, poi, in considerazione della crescente potenza dei Romani, conclusero con loro un trattato di pace. Vds. anche A.J. TOYNBEE, L'eredità di Annibale - Le conseguenze della guerra annibalica nella vita romana, Torino, 1981, p. 160.

[4]G. PACI, Umbria e Agro Gallico a nord del fiume Esino, in "Picus", XVI-XVII, pp. 89-118, a pag. 97.

[5]LIVIO, Ab Urbe condita libri, X, 10, 12; X, 11, 7-8; Polibio, Storie, II, 19.

[6]D.G. LOLLINI, La civiltà Picena, in AAVV, "Popoli e civiltà dell'Italia antica", vol. V, Roma 1976, pp. 107-195, a pag. 113: "L'informazione è abbastanza generica e Livio non specifica se intende riferirsi a tutti gli abitanti del territorio o non piuttosto solo a quel gruppo con cui Roma era venuto a contatto in quella particolare circostanza".

[7]Polibio, Storie, II, 19, 5-6 (Sanniti e Galli); DIODORO SICULO, Biblioteca Storica, XXI, 6 (Etruschi, Galli, Senniti e altri); Livio, Ab Urbe condita libri, X, 27-29 (Sanniti e Galli: gli Etruschi erano ritornati a difendere il loro territorio, minacciato dai Romani, e gli Umbri, pur presenti, non intervennero). Vds. P. CAMPAGNOLI, La bassa valle del Foglia e il territorio di Pisaurum in età romana, Bologna-Imola 1999, pag. 30.

[8] Sembra però preferibile posticipare la fondazione di qualche anno, dopo la guerra del 284-282.

[9]G. DE SANCTIS, Storia dei Romani, vol. II, Firenze 1960, p. 357.

[10]De Sanctis, Storia, p. 358.

[11]De Sanctis, Storia, p. 359. Polibio, Storie, II, 19, 7-20; EUTROPIO, Breviarium ab Urbe condita, II, 10 (ma in lui è errata la menzione dei Sanniti e il prenome del console); FLORO, Epitoma, I, 8. In APPIANO, De rebus Gallicis, fr. XI, Cornelio Dolabella trionfa sui Senoni, portando a Roma il loro capo Britomarte.

[12]De Sanctis, Storia p. 359; G. BANDELLI, La frontiera settentrionale: l'ondata celtica e il nuovo sistema di alleanze, in AAVV, "Storia di Roma", vol.  I, Torino 1988, pp 505-525, a pag. 518.

[13]Seguendo De Sanctis, Storia, p. 359 e Campagnoli, La bassa valle, p. 30, possiamo fornire un campionario di notizie, tratte dalle fonti antiche, che contrastano con quanto esposto: la guerra non cominciò nel 284 a.C. ma nel 283; fu iniziata da Etruschi e Sanniti, non dai Senoni (Appiano, Samn, 6; Celt. 11; Eutropio, Breviarium, II, 10; Floro, Epitoma, I, 8); i  legati romani andarono nel paese dei Senoni non per chiedere il riscatto dei prigionieri, ma per richiamarli all'osservazione del trattato (Livio, Epit. 12; Orosio, Historia adversus paganos, III, 22; Appiano, Samn 6, Celt 11); i Celti vinsero non un console ma un pretore, L. Cecilio, mandato a vendicare l'uccisione degli ambasciatori, che volevano che fosse rispettato il trattato (Orosio, Historia adversus paganos, III, 22, 17-19); i Senoni sono disfatti e soggiogati dai consoli Cornelio Dolabella e L. Domizio (283). In Appiano inoltre (Samn 6; Celt 11) sembra che non sia menzionata la sconfitta di L. Cecilio Metello.

[14]Non è possibile capire se tutta la popolazione senone fu allontanata dalla zona o solo la sua élite. La documentazione archeologica non ci fornisce sepolture di guerrieri con le loro armi oltre il primo quarto del III secolo a.C. Ciò non prova però che singole tombe, senza armi, non possano essere datate in periodo successivo al 284 a.C. Per tutta la questione vds. Campagnoli, La bassa valle, p. 30 e note relative.

[15]Paci, Umbria, pp. 112-113.

[16]Livio, Periochae XI.

[17]Polibio, Storie, II, 19, 12 (trad. Schick): I Romani... si impadronirono di tutto il territorio (dei Senoni). In esso fondarono la prima colonia romana in territorio gallico, la città chiamata Sena, dai Galli che precedentemente la abitavano.

[18]S. STEFANINI, La città romana di Senigallia, in AAVV, "Archeologia delle valli marchigiane Misa, Nevola e Cesano", Perugia 1991, pp. 141-159, a pag. 157.

[19]Campagnoli, La bassa valle, pp. 31 e 37, nota 89.

[20]Campagnoli, La bassa valle, pp. 36-37, nota 88.

[21]Eutropio, Breviarium, II, 16; Floro, Epitoma, I, 19; Orosio, Historia adversus paganos, IV, 4, 5-7; Livio, Epit. XV, FRONTINO, Stratagemata, I, 12, 3; Fasti triumphales, ad a. 268.

[22]Eutropio, Breviarium, II, 16; Fasti triumphales, ad a. 268. Orosio, Historia adversus paganos, IV, 4, 7.

[23]Strabone, Geografia, VI, 1, 13; PLINIO, Naturalis Historia, III, 9, 70.

[24]T.I. SENDAI, La concessione della cittadinanza romana nel Piceno, in "Studia Picena", XIX (1949), pp. 61-75, a pag. 62. Nel 241 fu fondata la tribù Velina, nella quale fu iscritta la maggior parte delle tribù del Piceno (Livio, Periochae, XIX).

[25]VELLEIO PATERCOLO, Historiae, I, 14, 7: Sempronius Sopho et Appio Caeci filio consulibus Ariminum et Beneventum coloni missi et suffragii ferendi ius Sabinis datum. Livio, Periochae, XV: Picentibus victis, pax data est. Coloniae deductae Ariminum in Piceno, Beneventum in Samnio. Eutropio, Breviarium, II, 16: Q. Ogulnio C. Fabio Pittore consulibus Picentes bellum commovere et ab insequentibus consulibus P. Semporonio Ap. Claudio victi sunt et de his triumphatum est. Conditae a Romanis civitates Ariminus in Gallia et Beneventum in Samnio.

[26]Pais, Fasti Triumphales Populi Romani, t. I, p. 80, anno 266: de Sassinatibus. Il trionfo avvenne il 26 settembre e il 5 ottobre del 488 di Roma: i consoli vincitori erano Decimo Giunio Pera e Numerio Fabio Pittore.

[27]Bandelli, La frontiera settentrionale, p. 522.

[28]CATONE, Origines, (43 Peter, ap. Varr. agr. 1,2,7): M. Cato scribit in libro originum sic: "ager Gallicus Romanus vocatur, qui viritim cis Ariminum datus est ultra agrum Picentium".

[29]Diversa l'opinione di Campagnoli, La bassa valle,  p. 32: "Per quanto riguarda la valle del Foglia, la straordinaria documentazione archeologica restituita dal celebre lucus Pisaurensis è senz'altro da collegarsi alla presenza di coloni qui arrivati con le assegnazioni del 232 a.C.". Vds. alle pp. 39-41 e note corrispondenti.

[30]Paci, Umbria, pp. 100-101: l'ager Gallicus comprendeva quello che sarà il territorio delle città di Forum Sempronii, Suasa, Ostra, Aesis, Sena Gallica, Fanum Fortunae, Pisaurum e Ariminum. Ne erano escluse le città umbre dell'interno: Pitinum Mergens, Sestinum, Pitinum Pisaurense, Urvinum Mataurense, Tifernum Mataurense.

[31]E. PERUZZI, I Romani di Pesaro e i Sabini di Roma, Città di Castello 1990, pp. 19-20: "Si distinguevano nella fascia litoranea tra Rimini e Ancona due aree, ager Gallicus ed ager Picenus, a cui corrisponde il binomio Ager Gallicus et Picenus" (talvolta semplificato nelle fonti: Sena è nel Piceno per Polibio II, 21, 7; Rimini è in Piceno per Livio, in Gallia per Eutropio. Vds anche gli stessi avvenimenti riferiti al Piceno da Sallustio, all'agro Gallico e Piceno da Cicerone: Sallustio, De Catilinae coniuratione,  27, 1;  30, 5; 42, 1; 57, 2; Cicerone, Catilianariae, 2, 5; 2, 6; 2, 26); "La legge ripete il binomio ma si riferisce ad un'unica entità territoriale, non a due entità separate". Sulle varie ipotesi formulate vds. Campagnoli, La bassa valle, pag. 31-2 e note corrispondenti.

[32]Polibio Storie, II, 21, 7-8 (trad. Schick C.): "Cinque anni dopo... nel consolato di Marco Lepido (232), i romani divisero in lotti il territorio della Gallia noto come "picentino", da cui avevano cacciato i galli chiamati "senoni". Gaio Flaminio fu colui che avviò questa politica demagogica"

[33]Cicerone, Cato Maior de senectute, 11: (Q. Fabius Maximus) qui consul iterum, Sp. Carvilio collega quiescente, C. Flaminio, tribuno plebis, quoad potuit, restitit agrum Picentem et Gallicum viritim contra senatus auctoritatem dividunti.

[34]SESTO POMPEO FESTO, De verborum significatione, p. 519 L: Viritim dicitur dari, quod datur per singuolos viros. L'assegnazione viritana era stata già impiegata in altre occasioni: ad esempio dopo la vittoria sui Sabini (290 a.C.), la parte del territorio annessa dai Romani, fu in parte assegnato viritim, in parte destinato ad ager publicus.

[35]Vds. Polibio  Storie, II, 21, 8; CICERONE, Cato Maior, 11; Cicerone, Brutus, 14, 57 (C. Flaminius, is qui tribunus plebis legem de agro Gallico et Piceno viritim dividundo tulerit, qui consul apud Trasumenum sit interfectus); Cicerone, De inventione II, 52 (C. Flaminius... cum tribunus plebis esset, invito senatu et omnino contra voluntatem omnium optimatium per seditionem ad populum legem agrariam ferebat); VALERIO MASSIMO, Factorum et dictorum memorabilium libri, V, 4, 5.

[36]Campagnoli, La bassa valle, p. 37; Paci, Umbria, p. 98; P.L. DALL'AGLIO, La viabilità in età romana, in AAVV, "Archeologia delle valli marchigiane Misa, Nevola e Cesano", Perugia 1991, pp. 12-23, a pag. 15. Sulle prefetture, vds. Toynbee, L'eredità di Annibale, pp. 244-255 (con elenco delle prefetture attestate in Italia a p. 245).

[37]Campagnoli, La bassa valle, p. 37 (ma è una congettura. Infatti non sono presenti nell'elenco in Toynbee, L'eredità di Annibale, p. 245).  E' probabile che anche nella vallata del Metauro (future Forum Sempronii e Fanum Fortunae), si addivenisse in questo periodo ad una sistemazione analoga (soppiantata dall'istituzione poi di un municipio, nel primo caso, e di una colonia, nel secondo).

[38]Sulla battaglia del Metauro (problema lungamente dibattuto dalla storiografia locale l'ubicazione del campo di battaglia)  vds. N. ALFIERI N., Il problema topografico della battaglia del Metauro, in AAVV, "Fano Romana", Fano 1992, pp 47-58 (con ampia discussione sulla topografia della battaglia, elenco delle proposte precedenti, appendice di fonti sulla battaglia) e G. BALDELLI - E. PACI - L. TOMASSINI, La battaglia del Metauro. Testi, tesi, ipotesi, Fano 1994: vengono presentate, nella prima parte (pp. 10-77), in originale e traduzione italiana, tutte le fonti relative alla battaglia; nella seconda parte (pp. 79-114) le diverse tesi sul luogo della battaglia; nella terza parte l'ipotesi degli autori; due appendici riguardano la ricerca archeologica (pp. 159-160) e caratteri geomorfologici del territorio (pp. 161-180).

[39]B.L. HALLWARD, Scipione e la vittoria, in "Cambridge Ancient History" (traduz. italiana), vol. VIII, 1, Roma e il Mediterraneo, Milano 1971, pp. 134-135.

[40]Hallward, Scipione, pp. 136-137.

[41]Fondamentali gli articoli in AAVV, Pesaro nell'antichità, Venezia, 1984. Una recente analisi in Campagnoli, La bassa valle, pp. 41 ss.

[42]Livio, Ab  Urbe condita libri, XXXIX, 44, 10. Cfr. anche Velleio, Historiae, I, 15, 2: Cn. autem Manlio Volsone et Fulvio Nobiliore consulibus (189 a.C.) Bononia deducta colonia... et post quadriennium Pisaurum ac Potentia.

[43]Peruzzi, I Romani, pp. 22-23. Tra i coloni i genitori del poeta Lucio Accio.

[44]Peruzzi, I Romani, p. 21; Campagnoli, La bassa valle, pp. 42-43.

[45]Livio, Ab Urbe condita libri, XLI, 27, 11-12: fece lastricare la via più importante della città e costruire un tempio a Giove, cloache, mura, portici e taverne intorno al foro. Il passo è di traduzione incerta. Viene discusso in Campagnoli; La bassa valle, p. 43.

[46]Nel 163 improvviso risplendere del sole nel corso della notte (OSSEQUENTE, Liber prodigiorum, ad a. 591). Nel 97 a.C. repentino cadere dei merli della cinta muraria senza terremoto (Ossequente, Liber prodigiorum, ad a. 657: Pisauri terrae fremitus auditus. Muri pinnae sine terrae motu passim deiectae civiles portendere discordias).

[47]Vds. Gaio Mevulano in Cicerone, Pro Sestio, IV, 9 (hominem perditum et non oscure Pisauri et in aliis agris Gallici partibus in illa coniuratione versatum) e Insteio (fortis, ut aiunt, latro) in Cicerone, Philippicae, XIII, 26.

[48]Vds. L. BRACCESI, Lineamenti di storia pesarese in età antica, in AAVV, "Pesaro nell'Antichità", Venezia 1984, pag. 3-31.

[49]Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL), XI, 6331.  Nel cippo si ricorda il propretore M. Terenzio Lucullo (82-81 o 75-74 a.C.) che ristabilì i confini stabiliti dai triunviri P. Licinio, Ap. Claudio e C. Gracco (133-130 a.C.). Sul cippo si veda G. PACI, Il cippo di Terenzio Varrone Lucullo (83-81 o 75-74 a.C.), in AAVV, "Fano Romana", pp. 59-62.

[50]Paci, Il cippo, p. 61.

[51]Paci, Umbria, p. 97.

[52]L'elenco dei municipi è tratto da Paci, Umbria, p. 99 ss. Vds. anche A. TREVISIOL, Fonti letterarie ed epigrafiche per la storia romana della provincia di Pesaro e Urbino, Roma 1999, p. 11 (commento a Municipium, in Paolo-Festo 155 L.). Ricordiamo anche la fondazione, nelle attuali province di Ancona, Macerata e Forlì dei seguenti municipi umbri situati al di qua dell'Appennino: Camerinum, Matilica, Attidium, Tuficum, Sentinum, Sassina, Mevaniola.

[53]Paci, Umbria, p. 98.

[54]Paci, Umbria, pp. 99 ss.

[55]R.F. ROSSI, Dai Gracchi a Silla, in AAVV, "Storia di Roma", vol. IV, Bologna 1980, pp. 351-2.

[56]Rossi, Dai Gracchi, p. 353.

[57]Rossi, Dai Gracchi, p. 354.

[58]Rossi, Dai Gracchi, p. 354.

[59]Appiano, Guerre Civili, I, 88.

[60]Rossi, Dai Gracchi, p. 355.

[61]Rossi, Dai Gracchi, p. 355.

[62]Rossi, Dai Gracchi, pp. 355-357.

[63]Sappiamo che molti seguaci di Catilina erano appartenenti al partito sillano o coloni sillani (Cicerone, Catilinariae, II, 20; Sallustio, De Catilinae coniuratione, XXIX, 4) e che l'Ager Gallicus era una delle plaghe d'Italia ove più numerosi e turbolenti erano i Catilinari (Cicerone, Catilinariae, II, 6 e 26; Cicerone, Pro Sulla, LIII).

[64]I. ZICARI, Pisaurum, in "Realencyclopadia der Classichen Altertumzisenschaft", suppl. X (1968), col 1092 (traduzione in "Studia Oliveriana", XVII, 1969, pp. 25-30), pp. 28-29: "Che, come vuole l'Olivieri, in occasione della revisione e reintegrazione dei limiti graccani fosse dedotta una colonia sillana a Pesaro è cosa che, tacendo le fonti, non si può affermare con certezza. Ma non mancano ragioni che fanno ritenere fondata tale opinione". E, nello stesso articolo, vengono ricordoti i vari indizi: "Siculo Flacco, De cont. agr. 165 L. cita congiuntamente i limites Graccani et Sillani (ciò fa pensare che questi fossero posti anche altrove a revisione di quelli); Pisaurum ha comune con altre colonie da Silla dedotte o da lui decretate il soprannome Felix; nella sollevazione di Catilina sappiamo che molti suoi seguaci erano appartenenti al partito sillano o coloni sillani (Cic. Cat. II, 20; Sall, Cat. 29, 4) e che l'Ager Gallicus era una delle plaghe d'Italia ove più numerosi e turbolenti erano i Catilinari (Cic, Cat. II, 6 e 26; Sull. 53); anzi, da Cic, Sex, 4,9: C. Mevulanum... hominem deperditum et non obscure Pisauri et in aliis agri Gallici partibus in illa coniuratione versatum, parrebbe  addirittura che Pisaurum  fosse alla testa dei satelliti di Catilina nella regione". Da ricordare anche che indizio sicuro di riorganizzazione agraria è il cippo già citato (CIL XI, 6331) in cui si ricorda che il propretore M. Terenzio Lucullo ristabilì i confini stabiliti dai triunviri del 133-126.

[65]CIL XI, 6331. Sul cippo di Terenzio Varrone vds. Paci, Il cippo, pp. 59-62.

[66]Paci, Il cippo, p. 62.

[67]Cicerone, Catilinarie, II, 6: Video cui sit Apulia attributa, quis habeat Etruriam, quis agrum Picenum, quis Gallicum...; Cicerone, Catilinarie, II, 26:  Q. Metellus, quem ego... in agro Gallicum Picenumque praemisi...; Cicerone, Pro Sulla, 53; Cicerone, Pro Sexto, IV, 9: C. Mevulanum ... hominem deperditum et non obscure Pisauri et in aliis agri Gallici partibus in illa coniuratione versatum (da cui sembrerebbe che Pisaurum  fosse alla testa della rivolta nella regione)

[68]CESARE, De bello civili, I, 11, 4: Itaque ab Arimino M. Antonium cum cohortibus  V Arretium mittit; ipse Arimini cum duabus subsistit ibique dilectum habere instituit; Pisaurum, Fanum, Anconam singulis cohortibus occupat.

[69]Liber Coloniarum I, p. 226, 11 L; II, p. 258, 10-12 L.

[70]Liber Coloniarum II, p. 257, 9-10 L.

[71]PLUTARCO, Vita di Antonio, 60; DIONE CASSIO, Storia romana, XLVIII, 6; Appiano, La guerra civile, V sgg. Vds. Zicari, Pisaurum, p. 29. Si creò per l'occasione un'isola amministrativa pisaurense, una vera e propria "enclave", nella valle del Cesano, su territorio tolto al vicino municipio di Suasa: vds. G. PACI, Terre dei Pisaurensi nella Valle del Cesano, in "Picus", XVI-XVII,  1996-97, pp. 115-148.

[72]A. ARNALDI, Fanestri nel mondo romano, in "Picus", IV (1984), pp. 7-53. a pag. 8. Cicerone ricorda tra i partigiani di Antonio anche un urbinate, un tale Petusio, a cui il consore (siamo nel 43) aveva promesso i beni dell’Arpinate (CICERONE, Filippiche, 12,19; 13,2).

[73]R. SYME, La rivoluzione romana, Torino 1974, p. 211.

[74]Plutarco, Vita di Antonio, 60, 2.

[75]N. ALFIERI, L'urbanistica di Fanum Fortunae, in AAVV, "Fano Romana", Fano 1992, pp. 77-86, a pag. 77. Arnaldi, Fanestri, p. 8: "Ottaviano, dopo Azio e prima del 27 a.C., volle dedurvi  (scil. a Fano) una colonia di veterani, denominata colonia Iulia Fanum Fortunae o colonia Iulia Fanestris. La fondazione della colonia fanestre rispondeva a precise opportunità strategiche, in quanto essa veniva a collocarsi fra le deduzioni antoniane del litorale adriatico, vale a dire Ariminum, Pisaurum ed Ancona".

[76]Compare con l'appellativo colonia Iulia Felix Pisaurum, nel "Corpus Inscriptionum Latinarum", vol. XI, nn. 6335 e 6377.