Capitolo VII

 

Il XII secolo

 

I marchesi della Marca

Alla morte di Guarnerio (Werner), marchese di Ancona e Duca di Spoleto, avvenuta intorno al 1120, subentrarono nei domini i figli Federico (ricordato dal 1125 al 1139) e Guarnerio II (marchese dal 1136 al 1159; dal 1136 al 1139 congiuntamente al fratello. Nei primi anni di regno di Federico I Barbarossa, Guarnerio II si trovava nell'esercito imperiale: nel 1155 era a Modena in compagnia dell'imperatore; nel 1159 partecipava all'assedio di Milano e, nello stesso anno, cadeva intorno a Crema[1].

L'amministrazione nelle varie città era in mano a conti, ereditari, su cui il marchese di Ancona esercitava il proprio controllo (non sappiamo quanto efficace, anche per le frequenti assenze dei vari rappresentanti del potere marchionale): in questi anni sono ricordati i conti Artuino a Pesaro (1139)[2], Manfredo a Fano (1134 e 1139)[3], Anselmo a Senigallia (1139)[4]; aveva poteri comitali probabilmente il vescovo Gualfredo (che nel 1140 ebbe da Guarnerio II quattro castelli del contado di Fossombrone)[5]. Accanto ai conti sono ricordati dalle fonti del periodo anche i magistrati comunali, i consoli: le due autorità per un certo periodo esercitarono congiuntamente il loro potere.

Nel 1136 l'imperatore Lotario III scese in Italia per l'incoronazione, con il pieno appoggio del papa. Troviamo al suo seguito Federico e Guarnerio II, marchesi di Ancona[6].

Dopo aver sostato nella Pianura Padana, il 2 febbraio 1137 l'imperatore era a Imola, dove divise l'esercito in due parti: il gruppo da lui guidato scese verso sud lungo l'Emilia e la Flaminia e sostò nel monastero di S. Tommaso in Foglia, presso Pesaro[7]. Si fermò quindi a Fano, che fece atto di sottomissione e, ad Ancona, che assediò dal 10-12 marzo ai primi di aprile, quando la città si piegò alle richieste imperiali[8].

In realtà la spedizione non ebbe conseguenze di qualche rilievo, né furono presi provvedimenti per accrescere il potere dei funzionari imperiali o papali  nella zona: i processi di trasformazione sociale in atto nei vari centri rendevano del resto la situazione difficilmente controllabile anche da parte di chi avesse avuto maggior prestigio e potenza[9].

 

La guerra di Fano: 1140-41

La discesa dell'imperatore probabilmente esasperò la conflittualità locale, latente nel periodo precedente. Nel 1140 infatti viene ricordata la prima guerra tra comuni (se possiamo utilizzare ormai questo nome) della nostra provincia: quella tra Pesaro, Senigallia e Fossombrone da una parte e Fano, al fianco della quale si sarebbe poi schierata Venezia, dall'altra.

L'Amiani narra che, "col favore di Federico Marchese della Marca, che risedendo in Fano, secondava il partito de' Cittadini nelle loro pretensioni, volle questo Pubblico ricuperare alcune Castella che dalle Città vicine erano state usurpate, ed erigere alcune Rocche ne' Confini del Territorio, perché fosse il Contado ben difeso da ogni Straniera Invasione. A quest'effetto furono posti i termini sia Confini del Territorio, e per Decreto del Marchese restituiti alcuni Castelli, da Pesaro si lungo tempo posseduti. Questa Terminazione del Territorio fu causa di molte dissensioni, e discordie civili tra Fano e le città confinanti, Fossombrone e Sinigaglia. Più di queste però risentivasi Pesaro, che gelosa di non perdere alcuna parte del suo Territorio, fece confederazione con le altre, perché con l'arme fossero sostenute le ragioni"[10]. Le tre città, ostili a Fano per ragioni di confini, si allearono quindi a Ravenna: i Fanesi da parte loro, come già detto, cercarono aiuto a Venezia[11]. A questo punto si giunse alla pace: quella con Fossombrone non c'è nota, ma dagli avvenimenti successivi possiamo congetturare che ad essa, che era stata anche incendiata durante il conflitto, toccò la parte della città vinta[12]; quella con Pesaro fu firmata il 28 febbraio 1141 con la mediazione di Giovanni Badoer, inviato del doge Pietro Polani[13]. Il trattato fu seguito da un giuramento di fedeltà a Venezia da parte dei Fanesi, che si impegnavano all'invio di una galera equipaggiata per le spedizioni veneziani a nord di Ravenna e di forze più consistenti per  quelle nella zona da Ravenna ad Ancona: era in pratica un atto di sottomissione alla città lagunare[14], in questo secolo in lotta nell’Adriatico contro Ancona (sostenuta dall'imperatore bizantino)[15].

 

I legati imperiali in Italia (1158)

Nel 1158 Federico I inviò nell'Italia centrale il cancelliere imperiale, arcivescovo Rainaldo di Dassel, e il conte palatino Ottone di Wittelsbach che, con il titolo di legati imperiali, avevano il compito, in vista della seconda spedizione in Italia dell'Imperatore, di esigere da città, contee e castelli il giuramento di sudditanza e l'appoggio all'impresa[16]. Dopo aver percorso la pianura padana, i legati giunsero a Ravenna, da dove proseguirono per Rimini, Pesaro, Fano e Senigallia, città che prestarono il dovuto giuramento di fedeltà. Solo Ancona in un primo momento si rifiutò, adducendo come scusa l’averlo già prestato all'inviato dell'imperatore di Bisanzio[17]; ma, quando i legati cominciarono a devastare i territori circostanti, anch'essa dovette piegarsi[18].

Gran parte delle comunità marchigiane (a parte Ancona) era in quegli anni schierata su posizioni decisamente filoimperiali. Ciò è dimostrato dalla presenza nella zona dell'Imperatore: nel 1162, attraversando nel settembre la Marca di Ancona diretto a Roma, emanò a Cagli due diplomi[19]; nel 1164, in un placito imperiale tenuto a Fano, Federico I ingiungeva a Guarnerio di restituire il castello di Morrovalle al vescovo di Fermo[20].

 

La riorganizzazione amministrativa della Marca di Ancona (1167-68 ca).

Nel 1159, come già detto, muore Guarnerio II, che per altro sembra non essere stato mai particolarmente presente nel territorio marchigiano. Federico I, giunto nella Marca nel 1167 per dirigere l'assedio di Ancona (di nuovo in rivolta), nel 1167 (o nell'anno successivo) nominava margravio di Ancona il ministeriale Corrado di Lutzelhard, che ricevette il marchesato non come feudo, ma semplicemente in affidamento per via amministrativa[21].

La nomina faceva parte di una politica organica di restaurazione imperiale nell'Italia centrale: quasi nella stesso periodo veniva nominato duca di Spoleto un altro ministeriale tedesco, Corrado di Urslingen[22]; anche in Romagna e Toscana, tra 1162 e 1167, veniva riorganizzata l'amministrazione dei distretti rurali, che venivano tolti ai comuni e sottoposti a conti dipendenti da vicari imperiali[23]. Si può notare anche nella Marca una certa ripresa del potere comitale nella seconda metà del secolo, sicuramente in relazione con la vigorosa politica di Federico I attestata in Romagna e Toscana.

 

L'assedio di Ancona del 1173

Rimaneva nel frattempo irrisolta la questione di Ancona. "Non pare però che con Konrad von Lutzelhard le relazioni con le città della Marca migliorassero, tanto che il Barbarossa,  preoccupato dei diritti imperiali nella Marca di Ancona e negli altri territori dell'Italia imperiale, si decise alla spedizione"[24]. Il 9 aprile 1167 l'Imperatore era a Rimini, da dove, il 23 dello stesso mese, si diresse ad Ancona, che cinse d'assedio (fine aprile - inizio maggio) fino alla fine di maggio, quando gli Anconetani probabilmente prestarono giuramento di fedeltà, pagarono una certa somma di denaro e consegnarono ostaggi[25]. Ma quella che l'imperatore aveva ottenuto non era una vittoria definitiva[26].

Ancona aveva in quegli anni problemi, a causa dell'alleanza con l'imperatore bizantino, anche con i Veneziani. Nel 1168 la città dorica, in guerra con la città lagunare, veniva sconfitta in una battaglia navale[27]; nel 1170 i Veneziani stipularono un trattato con Rimini, non esplicitamente ma probabilmente in funzione antianconetana[28]. Nel 1173 infine i Veneziani e l'arcivescovo Cristiano di Magonza, legato imperiale, assediarono inutilmente Ancona[29]; alla campagna, conclusasi con un insuccesso per l'intervento della contessa Altruda di Bertinoro a sostegno degli Anconetani[30], avrebbero partecipato anche forze navali pesaresi[31].

 

Dopo Legnano (1176)

A parte Ancona, sembra tuttavia che in questo periodo i diritti imperiali nella regione non siano stati messi in discussione dalle comunità locali, che del resto non avevano né il peso politico né lo sviluppo dei comuni lombardi, allora in lotta contro l'Imperatore. Le città continuavano a giurare fedeltà, pagavano i tributi e rispettavano gli impegni assunti con l'imperatore e con i suoi rappresentanti[32].

Il saldo controllo imperiale della zona ci è del resto testimoniato dalla presenza, nel 1176, dopo la battaglia di Legnano, del Barbarossa stesso a Pesaro (il cui vescovo gli mette a disposizione il castello di Candelara, nel quale Federico I si trattiene alcuni giorni);  nel 1177 è attestato un soggiorno dell'imperatore a Fano, almeno dal 16 al 22 marzo di quell'anno[33].

Anche i pochi dati che abbiamo relativi agli anni Ottanta, sembrano attestare un solido controllo della zona da parte del partito imperiale: nel 1181, intorno alla figura emergente del conte Montefeltrano di Montefeltro si formò una coalizione di forze filoimperiali contro i Cesenati, contro cui Montefeltrano intervenne cum tota militia comitis Pisauri[34]; nel 1185 Montefeltrano era impegnato, in aiuto del vicario imperiale di Romagna, contro Faenza[35]; l'anno successivo (1186) lo stesso conte di Montefeltro combatteva, con le milizie dei comitati di Montefeltro, Urbino, Pesaro e Rimini,  contro Cesena[36]. Nel 1188 il signor Righeto Pandolfino di Vicenza era nominato vicario di Rimini, Pesaro e  delle altre città che aveva occupato (e che governava in nome dell'imperatore)[37].

 

Marcovaldo di Annweiler

L'avvento al trono imperiale di Enrico VI non modificò la situazione nella zona: Montefeltrano è citato quale testimone in diversi atti imperiali dal 1186 al 1191; Righeto Pandolfino di Vicenza veniva confermato, tra 1188 e 1191 vicario a vita dal giovane imperatore a Rimini e Pesaro[38]. A più alti livelli, lascia la Marca di Ancona per quella di Toscana Corrado di Lutzelhard (ultima attestazione quale marchese di Ancona nel 1189), sostituito prima da uno sconosciuto Sigebolt[39], quindi da Gottiboldo conte di Senigallia (1191-95)[40], infine da Marcovaldo di Annweiler (dal 1195)[41], che fu tuttavia spesso assente dalla regione[42].

 



[1]J.F. LEONHARD, Ancona nel Basso Medio Evo, Bologna 1992, p. 78.

[2]A. CARILE, Pesaro nel Medioevo, in  AAVV, "Pesaro tra Medioevo e Rinascimento", Venezia 1989, pp. 3-54, a pag. 32.

[3]R. BERNACCHIA, Politica e società a Fano in età medievale (secoli VI-XIII), in AAVV, "Fano medievale", Fano, 1997, pp. 11-40, a p. 26; Carile, Pesaro, p. 32.

[4]Carile, Pesaro, p. 32.

[5]G. VERNARECCI, Fossombrone dai tempi antichissimi ai nostri, Fossombrone 1903, vol. I, p. 175.

[6]Leonhard, Ancona, p. 71: "In due diplomi i margravi vengono nominati una volta subito dopo il vescovo Anselmo di Havelberg, un'altra volta dopo Anselmo, Adelmo di Reggio e il vescovo Bruno; il posto occupato nel documento allude, a mio avviso, all'importante posizione che i due occupavano nel seguito italiano dell'imperatore".

[7]Leonhard, Ancona, pp. 32 e 71.

[8]Leonhard, Ancona, pp. 33 e 71.

[9]Carile, Pesaro, p. 32: "Malgrado la recente azione di Lotario III nella Marca, i margini di autonoma gestione dei poteri locali nelle singole città erano larghi ben oltre la distinzione tra i poteri formali della sovranità e i poteri reali di governo; i rapporti intercittadini vengono gestiti con tutti i mezzi, compresa la coercizione bellica, senza una sintesi se non statuale almeno regionale, al punto che Venezia inaugura la sua politica di penetrazione nella Marca, assoggettando Fano in lotta contro Pesaro" (vds. infra).

[10]P.M. AMIANI, Memorie istoriche della città di Fano, Fano 1751, vol. I, pp. 139-140.

[11]Amiani, Memorie istoriche, I, pp. 140-141.

[12]Vernarecci, Fossombrone, I, p. 171.

[13]Il testo in M. FRENQUELLUCCI, Alle origini del comune. Città e territorio di Pesaro dalla disgregazione tardo antica all'età comunale, Pesaro 1999, regesto di documenti, n. III, pp. 172-173; Carile, Pesaro, p. 32

[14]Carile, Pesaro, p. 32; Leonhard, Ancona, p. 36. L'Istrumento di confederazione tra la Repubblica di Venezia e il Comune di Fano è in Amiani, Memorie istoriche II, parte III, pp. VII-VIII.

[15]Leonhard, Ancona, pp. 32-36.

[16]Leonhard, Ancona, p. 47.

[17]Leonhard, Ancona, 46: "Si può supporre che intorno al 1156 Ancona finisse sotto l'influenza bizantina, destinata ad aumentare negli anni successivi"; Ivi, p. 46: "Già nell'estate del 1157 il basileus inviò ad Ancona il protostrator Alessio Axuchos. Si scelse di nuovo Ancona come base perché offriva le migliori condizioni per i piani italici di Manuele e perché  proprio qui si voleva creare un certo contrappeso alla potenza veneziana. La città di Ancona, in cui probabilmente esisteva un forte partito bizantino, concluse un trattato col legato, con il quale gli Anconetani si impegnavano  ad offrire protezione al legato bizantino ed ai suoi capitani come a se stessi; e ciò nonostante i loro doveri di lealtà nei confronti del re degli Alemanni".

[18]Leonhard, Ancona, pp. 47-48.

[19]F. BRICCHI, Delli Annali della Città di Cagli, vol. I, Urbino 1641 (ristampa anastatica, Roma 1981), pp. 48-50.

[20]V. VILLANI, Nobiltà imperiale nella Marca di Ancona. I Gottiboldi (fine sec. XII-sec. XIII), in "Atti e Memorie di Storia Patria per le Marche", 96 (1991), pp. 109-231, a pag. 144.

[21]Leonhard, Ancona, p. 53. Da sottolineare che l'affidamento fu, per il momento, ufficioso. Si ufficializzò circa dieci anni dopo (vds. infra).

[22]Leonhard, Ancona, p. 83.

[23]Emersero in questo periodo nel Montefeltro (allora Romagna, oggi in provincia di Pesaro e Urbino) le famiglie dei conti di Montefeltro e di Carpegna. L'autorità giurisdizionale in tale comitato comunque era particolarmente frantumata in una miriade di giurisdizioni minori e mancò una città che unificasse amministrativamente il territorio, come era avvenuto nelle altre diocesi della provincia.

[24]Leonhard, Ancona, p. 53.

[25]Leonhard, Ancona, p. 53-55.

[26]Leonhard, Ancona, p. 55: "Di lì a poco, in occasione dell'assedio di Ancona da parte delle truppe dell'Arcivescovo Cristiano di Magonza del 1173, si vide chiaramente che l'imperatore Manuele poteva continuare con successo a praticare la sua politica ad Ancona".

[27]Leonhard, Ancona, pp 39

[28]Leonhard, Ancona, pp 39

[29]Leonhard, Ancona, p. 57: "Il 1173 quale data dell'assedio di Ancona trova conferma nell'itinerario di Cristiano e nella maggioranza dei cronisti. La datazione proposta da talune fonti a favore degli anni 1171, 1172, 1174 è da rifiutare. Per la durata dell'assedio potremmo senz'altro seguire Bernardo Marago, per il quale Ancona sarebbe stata assediata fra il 1 aprile e la metà di ottobre".

[30]Qualche anno dopo, morto l'ultimo conte di Bertinoro, Cavalcaconte di Rainerio, che aveva vasti possessi nel Montefeltro, i funzionari imperiali ne occuparono i beni, che sicuramente furono distribuiti ai fedeli nella regione: se ne saranno avvantaggiati presumibilmente in primo luogo i Montefeltro, che assurgono ormai una posizione di prestigio nel territorio diocesano (G. FRANCESCHINI,  I Montefeltro, Varese 1970, p. 11; L. DOMINICI, S. Agata Feltria illustrata, Novafeltria 1959, p. 48).

[31]Carile, Pesaro, p. 33; Frenquellucci, Alle origini, p. 111 (ma vds. nota 254 alla stessa pagina).

[32]Leonhard, Ancona, 64: "...ma l'evoluzione, all'interno, verso l'autonomia, la coscienza comunale, deve essere stata in quest'epoca piuttosto avanzata se si considerano gli avvenimenti successivi alla morte di Enrico VI ".

[33]Bernacchia, Politica e società, p. 26.

[34]ANONIMO, Annales Caesenates, in "Rerum Italicarum Scriptores", vol. XIV, Milano 1729, coll. 1085-1186, alla col. 1091c; Frenquellucci, Alle origini,  p. 111.

[35]Franceschini, Montefeltro, p. 12.

[36]Anonimo, Annales Caesenates, col. 1109 (cum tota militia Montis Feltri, cum Berardinis et cum tota militia comitatus Pisauri et Urbini). Vds. anche Franceschini, Montefeltro, p. 12; F.V. LOMBARDI, Mille anni di Medioevo, in AAVV, "Il Montefeltro", vol. 2 (Ambiente, Storia, arte nell'alta Valmarecchia), Villa Verucchio 1999, pp. 88-145, a pag. 116. Montefeltrano è la prima personalità dotata di rilievo storico della famiglia dei conti di Montefeltro, che erano in qui tempi in possesso di alcuni castelli  di quella diocesi. Essi, come i consanguinei conti di Carpegna, detenevano i loro possessi per assegnazione imperiale.

[37]Carile, Pesaro, p. 33.

[38]Frenquellucci, Alle origini, p. 112; Carile, Pesaro, p. 33.

[39]Villani, Nobiltà imperiale, p. 136.

[40]Su questo personaggio vds. Villani, Nobiltà imperiale, pp. 136-156 e 206-208. Probabilmente imparentato con i Guarneri, è attestato, oltre che come marchese e conte di Senigallia, come conte di Cagli. Vds. però anche Leonhard, Ancona, p. 297.

[41]Villani, Nobiltà imperiale, p. 145 n. 87. Vds. Leonhard, Ancona, pp. 64: "Il territorio compreso fra i due mari aveva acquistato, con l'unione del Regno di Sicilia al potere imperiale nella persona dell'imperatore Enrico VI, un'importanza particolare. Per rendere sicura l'unione dei territori dell'Italia del nord con quelli dell'Italia del sud, Enrico VI scelse come rappresentante degli interessi dell'Impero nei territori dell'Italia centrale lo scalco Marcovaldo di Annweiler, una delle personalità di spicco dei funzionari imperiali svevi".

[42]Dai diplomi imperiali possiamo constatare che il marchese di Ancona dall'ottobre 1195 all'aprile 1196 era in Germania; dal luglio al settembre 1196 in Italia settentrionale; dall'ottobre 1196 al settembre 1197 in Italia meridionale: Leonhard, Ancona, p. 64.